Una serata speciale per chi ha l’Inter nel cuore e non solo. Una vittoria da acciuffare a tutti i costi per assicurarsi un finale dignitoso, per rivalersi di una prestazione indecorosa nel derby e, soprattutto, per rendere perfetta la chiusura della carriera calcistica di un uomo, oltre che di un giocatore, pilastro della squadra nerazzurra: Javier Zanetti. Il capitano ha deciso di appendere le scarpette al chiodo a fine stagione, un momento che prima o poi arriva per tutti i calciatori e che i tifosi nerazzurri sapevano sarebbe arrivato, ma speravano magari non arrivasse mai. Pupi lascia il calcio giocato, ma non lascia l’Inter e continuerà in qualunque forma e maniera a difenderne i colori. E’ dunque una festa d’addio, ma anche di arrivederci, una festa di lacrime e sorrisi, di gioia e di tristezza, una festa contraddistinta da simboli incancellabili come il numero 4 o l’ennesima fascia personalizzata, questa volta con i nomi di tutti i compagni di squadra dei 19 anni in cui il capitano è stato protagonista; una festa avvolta dalla malinconia dei ricordi, delle mille battaglie, tra vittorie e sconfitte, tra trofei vinti e persi. Un uomo prima che un giocatore che ci ha fatto sentire orgogliosi di essere tifosi interisti, ci ha trasmesso la gioia delle vittorie più grandi e la delusione delle sconfitte più cocenti; ci ha fatto inorgoglire di fronte a tutto il mondo per le sue doti umane e professionali che lo hanno reso un protagonista ineguagliabile e bandiera indiscussa e intramontabile dei colori nerazzurri. I suoi numeri, i suoi record sono speciali e unici come le emozioni che ci ha regalato e più che le cifre, sono proprio quelle emozioni che ci legheranno per sempre a un indiscusso numero uno. L’amore sempre dichiarato del capitano per l’Inter e la sua storia, contraccambiato dai tifosi interisti dal primo giorno e cresciuto mese dopo mese, anno dopo anno, ci ha legati indissolubilmente. Diciannove anni sono tanti, per alcuni una vita intera, per altri la somma dell’adolescenza e della giovinezza e così via. Tutti i tifosi interisti sono cresciuti insieme a Pupi che è diventato così un compagno di vita oltre che un idolo o una bandiera: come fare ora a meno di lui nessuno lo sa. Lo smarrimento e la tristezza prevalgono su ogni altro sentimento e di sicuro a partire dall’anno prossimo avvertiremo tutti un piccolo grande vuoto nel non vedere più in campo quella capigliatura, quell’andatura, quel capitano così familiare, così in sintonia col sentire di tutti i tifosi. Quegli scatti sulla fascia che ancora stasera ci hanno fatto trepidare e urlare sugli spalti o sul divano ci hanno accompagnato mentre vivevamo le nostre vite ed erano una certezza quando ciascuno di noi si ritagliava quella pausa dalla quotidianità per seguire la nostra Beneamata. Il capitano è sempre stato lì, el tractor ha macinato chilometri, ha dribblato avversari, ha segnato anche qualche gol, spesso nei momenti più importanti, ma soprattutto ha gioito e pianto con noi. Oggi lo salutiamo come calciatore, ma ce lo teniamo stretto come uomo, ancora con i nostri colori alti nel cielo. Sarà triste, ma bisogna tenerlo a mente: non è un addio, è un arrivederci a presto.
La partita. In una serata così speciale, con la curva Nord chiusa per l’ennesima volta, in un clima a tratti surreale per l’incrocio tra presente, passato e futuro, l’Inter non poteva che mostrarsi in tutta la sua caratteristica follia. La necessità di vincere per agguantare l’Europa League e per consentire pieni festeggiamenti per l’addio del capitano rende l’atmosfera calda. La Lazio parte forte e dopo meno di due minuti è già in vantaggio. Sale in cattedra Kovacic, sempre più punto di riferimento, nonostante i suoi vent’anni appena compiuti e l’inerzia della partita cambia. Assist per Palacio e pareggio. La Lazio non ci sta e si rifà sotto, ma Handanovic stasera si rivela inespugnabile. Arriva il secondo assist di Kovacic e Icardi porta i nerazzurri in vantaggio. Su un cross deviato di Nagatomo c’è poi il terzo gol di Palacio. Il primo tempo si chiude sul 3 a 1 e si spalancano le porte per gli ultimi 45′ minuti da calciatore per Zanetti. Mazzarri lo mette subito in campo al posto di Jonathan e il capitano dimostra che forse forse potrebbe continuare ancora a giocare, ma intanto la squadra si schiaccia troppo verso la porta di Handanovic e la Lazio ne approfitta. Il portierone nerazzurro chiude la porta e salva il risultato in almeno quattro occasioni. Entra anche Milito al posto di Palacio e sul finale arriva il quarto, bellissimo, gol di Hernanes. Al triplice fischio la festa ha inizio e tra musica e immagini il capitano saluta lo stadio, fa il giro di campo, parla ai tifosi e si commuove, ancora una volta, insieme a tutti noi. C’è il tempo di salutare anche Milito, Samuel e Castellazzi che ormai sembrano vicini all’addio all’Inter, per poi uscire fuori allo stadio e andare a salutare la curva Nord. La vittoria con la Lazio mette al riparo il futuro dei nerazzurri che ipotecano il quinto posto e l’Europa League, ma non chiudono il discorso sui tanti limiti e problemi palesati quest’anno. A Mazzarri il compito di riscattare e riscattarsi da quest’annata, con l’aiuto, chissà, di un diplomatico in più, pronto a dire le parole giuste nei momenti di difficoltà che, si spera, diminuiscano sensibilmente dall’anno prossimo. L’ultima col Chievo, a Verona, chiuderà il campionato e poi, senza più il capitano in campo, si volterà veramente pagina.
P.S.: Si sono spesi, giustamente, fiumi d’inchiostro e di parole, per sottolineare i record e le doti di Zanetti come uomo e come calciatore. Personalmente non ritengo necessario accodarmi e riproporre qui le cifre o gli encomi che il capitano comunque merita. La cosa che più sento di dover dire, da tifoso interista, è molto breve e semplice, ma tanto, tanto sentita, al punto che a dirla mi sembra riduttiva: GRAZIE CAPITANO, GRAZIE DI TUTTO.