In una cornice di pubblico da record (quasi 80.000 spettatori), con coreografie da brividi e grandi attese, si consuma un derby d’Italia che vale tantissimo: scudetto, Champions League, prestigio e onore. Quella che poi ci si ritrova a vedere è una partita di alto livello, con una Juventus forte, ma che necessita di ogni aiuto possibile per avere la meglio degli undici, scusate, dieci leoni nerazzurri che solo sul finale cedono, quasi clamorosamente, e devono arrendersi alla malasorte e ai loro limiti strutturali, per tacere del capitolo arbitri. La sconfitta, bruciante, mette seriamente a rischio l’agognato posto in Champions, considerando le vittorie delle dirette avversarie che si portano a +4 con oramai solo 3 gare alla fine del campionato e un eventuale scontro diretto a disposizione, senza mai dimenticare che sono tanti i punti persi, scioccamente, durante l’inverno (sigh!).
Resta il rimpianto per i tanti punti persi che da primi in classifica ci hanno fatto scivolare a un quinto posto che lascia l’amaro in bocca proprio per come è arrivato.
La gara è difficile da commentare, quasi impossibile restare obiettivi di fronte a situazioni che spostano inevitabilmente gli equilibri da una parte. A un quarto d’ora dall’inizio della gara i nerazzurri sono già sotto di un gol. Al 18′ Vecino fa un brutto fallo su un giocatore bianconero, l’arbitro ammonisce. Richiamato dalla VAR, torna sulla sua decisione ed espelle l’uruguaiano. Inter in dieci e nervi tesi per quello che sembra un episodio quanto meno dubbio (…). Il primo tempo scorre tra episodi, falli fischiati, a sfavore, cartellini gialli dati o non dati. Per dovere di cronaca, Handanovic non risulta mai realmente impegnato. La ripresa diventa una battaglia. L’Inter nasconde l’inferiorità numerica, spendendo tantissime energie che alla fine costeranno carissime, mettendo in difficoltà gli ospiti. Al 52′ il gol di Icardi cambia o almeno quella è l’illusione, l’inerzia della gara. In dieci i nerazzurri continuano a pressare e al 65′ compiono il miracolo. L’autogol di Barzagli gela i bianconeri, esalta i giocatori e gli 80.000 sugli spalti. Le mancate ammonizioni di Pjanic, già ammonito o la mancata espulsione di Barzagli per un fallo identico a quello di Vecino, qui la VAR non si scomoda, rendono il clima incandescente. Sembrerebbe una nuova epica avventura da pazza Inter, uniti contro tutto e tutti. Nel giro di un paio di minuti invece si infrange il sogno di una vittoria da raccontare per anni a nipoti e pronipoti, resta l’amarezza per l’ennesima dimostrazione che non basta dare il 110% contro certe situazioni. Restano le lacrime del capitano, di rabbia, di frustrazione. Restano dubbi, tanti, sulla chiarezza dei regolamenti arbitrali e l’uniformità di giudizio. Resta il rimpianto per i tanti punti persi che da primi in classifica ci hanno fatto scivolare a un quinto posto che lascia l’amaro in bocca proprio per come è arrivato.
Sul finale di partita, prima che gli ospiti pareggino, Spalletti fa un cambio che risulterà difficile da comprendere e per puro caso determinante, in negativo. Perisic è claudicante, cammina per il campo oramai senza più forze dopo una gara ad altissimi livelli, ci si aspetta il cambio. Spalletti sorprende tutti, ammetterà poi l’errore. Fuori Icardi e dentro Santon. Santon diventa protagonista, purtroppo per lui, dei due gol bianconeri, ma in realtà è solo coprotagonista insieme ai suoi compagni oramai esausti di un suicidio assistito. La gestione degli ultimi minuti è stata così sbagliata da costarci probabilmente la stagione, con tutte le attenuanti del caso comunque. Mettere la croce sui singoli, Spalletti compreso, non ha molto senso se durante la partita la prima preoccupazione non è quella di lottare su ogni pallone, ma di evitare ingiustificate sanzioni arbitrali a senso unico.
A fronte di una partita dunque così compromessa da episodi poco chiari, dubbi, portatori insani di frustrazioni ed altro, l’applauso va a tutti i nerazzurri scesi in campo, al netto degli errori commessi nei singoli episodi. Ora più che mai si resta uniti e si tira dritto, mancano tre partite, tre finali, per riscattarsi, come minimo, delle partite e dei punti persi durante il periodo invernale: lì si che andavano tirate le orecchie…
Amala, sempre di più. Noi siamo altro.
Livello insensibilità arbitrale: 10 su 10. Cambierà mai qualcosa?
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