E’ sempre uno di poche parole Alessandro Bianchi, uno dei simboli dell’Inter vincente del Trap. Rifugge quasi sempre taccuini e microfoni, dal buon ritiro nella sua Cervia, il centrocampista romagnolo che a Milano ha vinto lo scudetto nel 1988-1989, una Supercoppa italiana e due volte la Coppa Uefa.
Per IotifoInter.it fa un’eccezione raccontando della squadra di oggi, di Conte e di se stesso.
Barella e Bastoni sono sempre più l’oro dell’Inter e della Nazionale?
“Sì, mi stanno davvero impressionando. Già l’anno scorso sono emersi e quest’anno stanno esplodendo con le loro qualità. Dimostrano di essere dei ragazzi dal grosso potenziale”.
Quanto sta ripagando la scelta del club nerazzurro di puntare molto sui giovani italiani?
“Ci eravamo abituati a non vedere tanti italiani, visto che l’Inter era sempre strapiena di stranieri e direi fin troppi. E’ una linea diversa e mi piace, è una bella idea valorizzare i nostri giovani. Si è tornati un po’ alla vecchia guardia, come ai tempi di Bergomi, Zenga, Berti. Non sarebbe male creare un gruppo di italiani”.
Che Inter vedremo contro il Torino al Meazza?
“E’ tutto da vedere tra i tamponi, gli infortuni e i nazionali. Come al solito bisogna gestire queste situazioni così strane. Conte farà la conta e vedrà chi schierare per far rendere il gruppo al meglio. Intanto ritrova giocatori motivati dalle nazionali viste le le prestazioni”.
Perché la squadra è così discontinua?
“L’Inter tra gli alti e bassi ha comunque fatto delle buone partite. E anche in Champions ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato. E’ stata anche un po’ sfortunata, poteva ottenere di più. Non gli ha girato molto bene”.
Quest’anno ha l’obbligo di vincere qualcosa?
“La stagione scorsa ci è andata vicinissima, ora ha tutte le potenzialità per arrivare sino in fondo”.
Conte ha detto che resterà tanti anni all’Inter…
“Spero in un suo ciclo, del resto cambiare troppo non aiuta a creare un percorso. Dipende dalla società, se ci crede può creare le condizioni stringendo i denti nei periodi difficili”.
Cosa le è rimasto dell’esperienza in nerazzurro?
“Ricordi piacevoli. Io devo solo dire grazie all’Inter per aver passato otto anni stupendi, anche se nel 1993 ho avuto un grosso infortunio che ha condizionato l’ultimo triennio quando sono riuscito a dare meno. Sono passato tra il Cesena che mi ha fatto crescere e l’Inter che mi ha fatto maturare, riuscendo ad arrivare in Nazionale”.
Trapattoni cosa ha rappresentato per lei?
“Un grande allenatore ma soprattutto una grandissima persona. Nei suoi tre anni mi ha sempre tenuto in considerazione anche quando ho avuto la stampa e i tifosi che non credevano tanto in me. Gli sono sempre riconoscente”.
Il compagno più forte con il quale ha giocato?
“Penso a Zenga, uno dei portieri più forti di quegli anni. Ho avuto la fortuna di condividere l’esperienza con dei campioni”.
L’avversario più forte che ha incontrato?
“Maradona. Ho esordito a Cesena proprio contro il Napoli di Diego. Dico di più: dovevo andare a Napoli e sembrava tutto fatto, poi si è inserita l’Inter. Il mio procuratore mi prospettò questa possibilità e io scelsi l’Inter”.