Bedy Moratti, sorella dell’ex presidente nerazzurro Massimo Moratti e figlia di Angelo, storico patron degli anni ’60, ha parlato di cultura (teatro) in una ampia intervista a La Verità. Inevitabilmente il discorso non poteva non scendere sull’Inter.
“Avevo una decina di anni quando mio padre prese l’Inter. Io stavo in collegio, a
Montreux. Quando sono tornata a casa, avevo 14 anni e ho cominciato a seguire la squadra. Sono andata ovunque e sono stata presente a tutte le vittorie dell’Inter. Poi, nel periodo in cui ho vissuto a Roma, l’Inter non era più di mio padre”.
“Ero a Trieste per uno spettacolo, ho visto in televisione che mio fratello Massimo aveva acquistato l’Inter. Sapevo delle sue intenzioni, ma il caso ha voluto che lo sapessi in un teatro. Ero tutta contenta!”.
“Del periodo di papà Luis Suárez e Mario Corso erano i miei preferiti, due campioni veri. Della squadra di Massimo tutti avevano qualcosa di speciale. Poi, nonostante oggi sia al Milan, adoro Zlatan Ibrahimovic: è un fenomeno, una forza della natura. Anche se non dovrei dirlo”.
Il ricordo di José Mourinho
“Sono sempre andata con la squadra nei vari ritiri, nelle amichevoli, quindi Mourinho l’ho conosciuto bene, lo vedevo spesso. È una persona molto intelligente, un gran lavoratore e un fine psicologo, per cui era amatissimo. Qualche volte abbiamo sentito delle urla dallo spogliatoio: sapevamo che era Mourinho che li stava strigliando e che avremmo vinto di sicuro. Un grande personaggio. Un altro allenatore che ho amato molto era anche Roberto Mancini: anche lui ha vinto tanto con noi”.
“Era il momento giusto. Lo capisco perfettamente: avevamo vinto tutto ed era molto impegnativo per lui”.
“Ai tempi di papà quando abbiamo perso a Lisbona contro il Celtic la finale di Coppa dei campioni, nel 1967. Con Massimo abbiamo vinto tutto. Le delusioni potevano essere perdere con la Juve o con il Milan”.
“È stato drammatico perché vedevo i nostri giocatori veramente nella disperazione, per non parlare dei tifosi: sembrava un suicidio di massa! È stato veramente pesante. Non abbiamo mai capito il perché di quella sconfitta: i nostri erano carichissimi, ma il calcio, si sa, è imprevedibile”.