Eriksen come Adriano, quando basta una punizione per far parlare

É bastata una punizione magistrale in un quarto di finale di Coppa Italia per rilanciare Christian Eriksen in ottica Inter. Ma è un rilancio più mediatico che altro. Che il danese fosse un cecchino da fermo lo si sa da tempo, e non c’è bisogno di essere un fine talent scout. E invece la maggior parte degli organi di informazione insistono sulla possibilità di rilancio da parte dell’ex Tottenham. Come se improvvisamente avessero scoperto una sua peculiarità sconosciuta.

Un po’ come quando, nel lontano 14 agosto del 2001, il mondo conobbe un giovane brasiliano, capace di spaccare la porta di Casillas, in un’amichevole pre campionato, con una punizione calciata dal limite e che ha sfiorato i 200 km/h. Quel giovane, acquistato da pochi mesi dal Flamengo, si chiamava (e tutt’ora si chiama) Adriano Leite Riberio, e da allora finì sulla bocca di tutti.

Tornando a Eriksen, sappiamo tutti che non sarà così. La società, anche per parola dello stesso Marotta, ha fatto una scelta e se non dovesse partire sarà soltanto per le contingenze economiche che impediscono il circolo di contanti. La verità è che, dalla prossima giornata, il fantasista classe 1992 continuerà a sedersi in panchina per poi magari ritagliarsi uno spezzone di partita o, al massimo, rientrare nelle logiche di turnover. Che piaccia o meno, quando Antonio Conte si fissa in favore o contro qualcuno è difficile fargli cambiare idea.

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