Giuseppe Bergomi in una lunga intervista rilasciata a Stefano Pasquino di TuttoSport rilancia l’Inter in chiave Scudetto. Un’analisi a 360 gradi da parte dell’ex capitano nerazzurro, dalla rosa agli individuali, concentrandosi anche sul momento che sta passando la squadra e il club, senza dimenticare il lavoro fin qui svolto da Antonio Conte.
Nel derby di Coppa Italia Conte, dopo l’espulsione di Ibrahimovic, è passato al 4-3-1-2: può essere la soluzione per scardinare le squadre chiuse?
“L’Inter è strutturata per risalire il campo in maniera diversa rispetto alle altre squadre, non ha gente che dribbla come evidenziano pure i dati degli statistici. Conte inoltre ha le sue certezze nel 3-5-2. A inizio campionato ha provato a essere più aggressivo e a pressare alto, ma prendeva sempre gol. Per rimediare, ha abbassato nuovamente il baricentro e ha ritrovato solidità nonché i risultati. Poi è ovvio che, a gara in corso, può pensare a impostare l’Inter in modo diverso e il 4-3-1-2 può essere una soluzione per andare ad attaccare difese molto chiuse“.
In tal senso può trovare nuova vita all’Inter pure Eriksen?
“L’Inter da anni non ha uno che calcia bene le punizioni e, solo per questo, Eriksen è una risorsa da sfruttare. Personalmente non lo vedo come regista basso perché è un giocatore che più lo allontani dalla porta, più fa fatica e nel 3-5-2 di Antonio la cura della fase difensiva è molto importante. Per questo, al di fuori dei titolari, il danese può avere spazio solo a ridosso delle punte dove, tra l’altro, può essere decisivo anche perché ha un ottimo tiro dalla distanza“.
Quanto pesa Conte in quello che sta facendo questa squadra?
“Tantissimo perché lavorare all’Inter non è facile e lui sta tenendo con forza e determinazione la barra dritta. Però, tra arrivare in zona Champions e vincere, c’è un ultimo gradino da fare ed è quello più difficile“.
Non a caso, a Udine, per la prima volta è sembrato che la squadra avesse un po’ il braccino…
“Non mi stupisce perché nel biennio di Conte, l’Inter non è mai riuscita a far bene la partita decisiva. L’anno scorso doveva vincere con il Barcellona e ha perso, quest’anno doveva battere lo Shakhtar e non ce l’ha fatta. Lo stesso sta accadendo in campionato dove, nell’ultimo mese, quando il Milan ha perso, l’Inter non è mai riuscita a fare i tre punti“.
Questo come si spiega?
“Le faccio un esempio: noi, quando abbiamo vinto lo scudetto con Trapattoni, eravamo una buona squadra con 5/6 Nazionali. Poi è arrivato il campione, ovvero Lothar Matthäus e con lui Brehme. Quando parlavi con loro, andava più o meno sempre così: giocavi col Lecce e dicevano “vinciamo noi”, poi giocavi col Milan e dicevano “vinciamo noi”. E quella mentalità, la portavano pure in allenamento. In questa Inter un Matthäus, per qualità tecniche, non c’è. Però, se parliamo di personalità, quella la vedo in Vidal ma pure in Lukaku, seppur a modo suo: in tal senso, mi ha meravigliato vederlo litigare in quel modo con Ibra. Poi dico De Vrij che magari sarà pure un timidone, ma è un tipo positivo e Handanovic che, quando l’Inter è uscita dalla Champions, ha fatto un’analisi molto dura. Ecco, questi sono i giocatori a cui appoggiarsi“.
A proposito di Lukaku, fosse stato Valeri, come avrebbe gestito la rissa con Ibra?
“Chi è stato in campo, queste cose le guarda con occhio diverso perché ha vissute certe situazioni. Per questo secondo me l’arbitro, con due gialli, l’ha gestita bene la situazione, anche perché non era tenuto a capire i labbiali. Però rispetto anche chi pensa che andavano entrambi espulsi“.
Conte sostiene che quando si parla di Inter si tende a guardare sempre il bicchiere mezzo vuoto: concorda?
“L’Inter è più “difficile” rispetto ad altri posti. Chi vive in quell’ambiente, avverte sempre quella sensazione di dover sempre lottare contro tutti. A questo contribuisce il tifoso dell’Inter che storicamente è molto critico e credo che Antonio avverta questa negatività arrivando da un altro posto“.
Crede che quanto sta accadendo intorno a Suning possa essere un disturbo?
“Conte, dopo Udine ha detto che “da fuori non si percepiscono le difficoltà”, credo che questa frase sia passata ingiustamente sotto traccia perché evidenzia come l’allenatore e lo staff avvertano il problema. Però c’è anche il rovescio della medaglia perché, in una situazione così, il gruppo si può anche compattare ancora di più. Però dipende dalla sensibilità che ha ognuno in questi momenti ed, essendo i ragazzi giovani più svegli rispetto a noi in passato, quanto sta accadendo può essere pure un vantaggio per l’Inter”.
Cosa sarebbe servito per completare la rosa?
“Al netto di come finirà l’idea dello scambio tra Sanchez e Dzeko, direi che manca un Hakimi a sinistra, un giocatore capace di saltare l’uomo con grande facilità. Lì gioca Young che è un destro, oppure Perisic che è adattato, mentre Kolarov viene considerato più un centrale e manca un mancino naturale che abbia gamba e capacità di dribblare. E poi mi sarebbe piaciuto vedere Gervinho all’Inter: era una bella pensata prenderlo…“.
È giusto, come fa Conte, guardare sempre la Juve come stella polare del campionato?
“Questo è un discorso un po’ delicato e a Conte l’ho pure detto: è chiaro che la Juve è un riferimento per tutti avendo vinto nove campionati di seguito, però adesso è il momento di pensare al dna dell’Inter, ai valori che rappresenta questo club. I valori che incarna l’Inter sono diversi da quelli delle altre squadre, né migliori, né peggiori ma diversi. È un’identità forte che si sente. E adesso va fatto leva su questo, piuttosto che pensare alla Juve“.