E’ morto Suning. Ne danno il triste annuncio Zhang Jindong, Zhang Steven e Xi Jinping. Il Partito Comunista provvederà ad allestire la camera ardente presso la sede centrale a Nanchino.
Per la quinta puntata di Convivium andrà in onda un requiem per la dipartita del colosso cinese degli elettrodomestici. Il coro di voci ci è offerto dai vari giornali sportivi e non, i presenti al funerale sono invece per di più interisti. Che non solo fanno baccano durante la messa, inveendo gli uni contro gli altri, ma con il feretro in bella mostra bisticciano urlando parole senza senso, tipo Bc Partners! Mubadala! Fondi qatarioti!
Come dopo la morte di Alessandro il Grande, in cui gli amici più fidati e leali si spartivano l’impero, così sta accadendo a Suning. Avvoltoi piombano da ogni dove sulla sua carcassa. E se poi non morisse? Perché il colosso cinese annaspa, arranca, ma non molla. Non sta facendo un bilancio della sua esperienza calcistica italiana come fece in punto di morte l’imperatore Marco Aurelio, il filosofo, che si domandava come sarebbe stato ricordato dai posteri.
NO! Suning non sta definendo le parole dell’addio, perché ha in mente di onorare tutte le scadenze, di portare a termine gli impegni, di vincere lo scudetto con l’Inter! Poi lascerà, ci saranno momenti di nostalgia, quei goliardici Fozza Inda che i cugini ci rifilavano, ci sarà commozione per quello che è stato detto e fatto, lo schiacceremo tutti dentro e fuori dal campo, quell’orgoglio nerazzurro che ristabiliva, in un una nota contro la Juventus, il perfetto ordine storico delle cose; ci sarà il ricordo degli allenatori passati, quel brivido di adrenalina che solo una qualificazione all’ultima giornata ti può dare; ci sarà -e chiudo- il momento per gli insulti, per il non rimpianto, del era meglio Moratti.
E’ vero, i cinesi sono stati più cinesi di quanto ci aspettassimo: chiusi nel loro Stato, grande quanto piccolo, attenti alle regole e fedeli servitori del Partito. Eppure io li ricordo i sorrisi del Presidente, i post su Instagram, il Dal Pino pagliaccio che vi ha fatto sorridere, villa Bellini. Cioè, Villa Bellini! Quale club può vantare un incontro così memorabile? Neanche nel Simposio di Platone c’erano personaggi così illustri e idee così alte. Non abbiamo un euro Antonio, però metticela tutta, ti prego.
Ecco, il totale investito da Suning fin qui, al netto di interessi e rimborsi relativi ai prestiti, è di 590 milioni di euro. Eppure, nel momento di bisogno, sciacalli mediatici e tifosi inferociti si scagliano contro il colosso di Nanchino come se la colpa fosse di qualcuno in particolare. Una colpa, in effetti, ce l’ha Suning: non è riuscita a dimostrare che con l’Inter non c’entra nulla. L’azienda non è la società. Difficile da far capire. Con 60 miliardi di fatturato annuo, altrimenti, avrebbe potuto comprare di tutto e di più, invece non è andata proprio così (e i giornali non hanno mai fatto chiarezza. Perché farla?).
Quindi, abbassiamo i toni, portiamo rispetto al gigante morente, come si confà a un re, che per i sudditi ha dato tutto e ricevuto poco. Suning sarà ancora la madrepatria dell’Inter, come Sparta lo fu per Taranto, come Atene per Thurii, come… come… come l’Inghilterra per gli USA (anche se poi è finita male). Insomma, diciamo grazie, lettori, a Suning, perché ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono, per questo si chiama presente. Ed è un bel presente. FORZA INTER!
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