Ci sono immagini che raccontano un mondo e parole che trasmettono emozioni rare. Quelle che ci accompagnano oggi sono di Gianfelice Facchetti dedicate al suo indimenticato papà Giacinto e nascono da una foto che accomuna milioni di padri e figli, un ritratto di un attimo prezioso “Un prato, un pallone, papà e io bambino”. La semplicità di un momento, testimone di un legame raccontato attraverso le parole di chi meglio di tutti sa spiegarci come i valori dell’interismo vengano tramandati di padre in figlio, di generazione in generazione.
“Ci sono foto come questa che restituiscono il senso della storia in cui cammino da sempre insieme a milioni di cuori nerazzurri. Un prato, un pallone, papà e io bambino. Sullo sfondo il quartier generale della Pinetina che ai miei occhi sembrava un fortino inespugnabile abitato da giganti muscolosi che al solo sguardo parevano invincibili. A tenerci insieme cinque lettere, una delle prime parole pronunciate…INTER, nostra buona stella a far da tramite tra noi e l’universo. Con lei siamo diventati grandi imparando a camminare e sognare, abbiamo appreso il significato di parole difficili come rispetto e gloria. Ci siamo ritrovati adulti, a forza di misurarci con sfide degne dei nostri campioni e della nostra storia. Ci siamo identificati così tanto con la nostra bandiera da portarla a spasso per il mondo tra la gente perché come dicevi tu, “essere interisti è un segno distintivo” che attraversa il campo e rimbalza nella vita. A volte finisce in gol e in festa ma che si vinca o no, conta solo esserci al meglio di noi stessi senza accontentarsi mai, come l’Inter di adesso. Eccomi quì dunque, ancora una volta a dirti grazie papà per avermi fatto diventare interista. Te voeuri ben! [Ti voglio bene]”.
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