Andrea Di Caro, vicedirettore della Gazzetta dello Sport, prende una posizione netta sulla nascita della SuperLega.
“La ricerca famelica degli interessi personali, a scapito di quelli collettivi, a un certo punto trova davanti a sé un muro. Sul quale rischiano di sbattere club e dirigenti (come la Juve e Agnelli) abituati ad agire con spregiudicatezza, arrivando a tradire non solo rapporti di fiducia e amicizia (e fin qui siamo nei giudizi etici e morali), ma anche gli obiettivi che ruoli o deleghe prevedono (e qui si entra nelle possibili cause in tribunale con richieste di risarcimenti). Ma quel muro diventa pericoloso anche per quei club e dirigenti che si accodano (come l’Inter di Marotta), pensando sempre al proprio tornaconto, ma esponendosi meno.
La Gazzetta dello Sport è da sempre contraria a qualsiasi progetto nasca per favorire l’interesse di pochi tradendo valori meritocratici e svilendo i tornei nazionali che rappresentano le radici sociali e culturali del calcio. Tra i fautori principali della Super Lega, che i media inglesi hanno definito “atto criminale”, c’è sempre stata la Juve di Agnelli. Fino a poco fa in perfetta sintonia politica e umana con Ceferin (il presidente Uefa è padrino di sua figlia) da una parte, come presidente Eca, aveva sposato la Super Champions, ma dall’altra come presidente della Juve ha portato avanti il piano della Super Lega.
E che dire dell’Inter del lontano e quasi sempre assente Zhang e del vicino e molto presente Marotta? Ha tanti e tali problemi di liquidità che qualsiasi prospettiva economica migliorativa sembra meritare un assenso. Magari restando in seconda fila, che al limite a ripensarci si è sempre in tempo…
Anche i nostri club più vincenti e prestigiosi però devono pensare che non si può tirare troppo la corda. Soprattutto quando sono note in seno alle istituzioni certe particolari situazioni finanziarie. Quelle che costringono ad esempio la Juventus a plusvalenze tanto esagerate quanto necessarie, per far quadrare i bilanci. Con centinaia di milioni virtuali, ma solo pochi reali che entrano in cassa. O quelle riguardanti gli stipendi arretrati nell’Inter, con il club alla ricerca di altri complicati accordi con i dipendenti e le istituzioni per dilazionare al prossimo anno queste mensilità o addirittura, si sussurra, chiedere di rinunciare a premi e parte degli emolumenti. Che strano il calcio italiano, dove c’è chi paga puntualmente e rischia di retrocedere, come il Parma, e c’è chi sta per vincere uno scudetto, ma non chiude i conti alla fine del mese”.
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