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Sensi via? Ecco perché l’Inter sbaglierebbe a venderlo

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Negli ultimi giorni il nome di Stefano Sensi è circolato molto in ottica mercato in uscita. Prima allo Shakhtar (dove ritroverebbe De Zerbi che lo ha lanciato a Sassuolo) e poi alla Fiorentina. Sinceramente non sappiamo quanto ci sia di vero dietro a queste voci. Si tratta del normale tam tam mediatico dietro al calciomercato che, però, spesso cela molte verità. Ma indipendentemente da questo, l’Inter farebbe male a venderlo, e a adesso vi spieghiamo il perché.

I CONTI – Innanzitutto, partiamo dal presupposto che se le cifre dovessero essere confermate (tra i 12 e i 15 milioni di euro), non rappresenterebbe una grande plusvalenza. Il ragazzo era arrivato per una cifra totale di 25 milioni ammortizzabile sui 5 anni di contratto (ne restano ancora tre). Secondo, bisogna ricordare che è comunque uno dei giocatori con lo stipendio più basso di tutta la rosa. Il suo stipendio è di 2 milioni a stagione. Fatte queste premesse, volte un po’ a sbugiardare quelli che dicono che l’Inter lo venderebbe volentieri perché ha bisogno di fare cassa. Inoltre è bene ricordare che il classe 1995 non rappresenta un surplus (come ad esempio Nianggolan o Joao Mario), bensì un elemento molto importante per la squadra. Pertanto, in caso, di una cessione, andrebbe sostituito con qualcuno che potenzialmente potrebbe costare anche di più, considerato il mercato di oggi.

QUALITÀ E DUTTILITÀ – Prima che si infortunasse all’inizio della passata stagione, Sensi ha messo in mostra qualità nel palleggio che, nel giro di pochi mesi, lo hanno fatto accostare anche a squadre come il Barcellona, contro cui ha anche giganteggiato nella fase a gironi di Champions League. Non a caso, è anche l’unico nella rosa, assieme a Eriksen, in grado di dare quel quid in più dal punto di vista qualitativo. Caratteristica che gli permette di agire sia da regista basso o anche da mezzala con propensione offensiva.

UN PASSO INDIETRO – Anche a causa dei sopraccitati infortuni, Stefano ha sempre accettato senza fare polemiche di sedersi in panchina e aspettare il proprio turno. Segno di grande umiltà ed intelligenza per un ragazzo che riconosce sì il proprio valore, ma anche quello dei compagni. Peculiarità che ogni allenatore vorrebbe sempre avere.

LISTE E ITALIANITÀ – In ultimo, non ci dimentichiamo del fatto che sia italiano. Fattore che influisce nel momento della stesura delle liste (sia in chiave Serie A sia europea) e che contribuisce alla creazione di quello zoccolo duro tricolore tanto caro a Marotta, e che poi funge anche da serbatoio per la Nazionale del CT Roberto Mancini, il quale continua appunto a tenerlo in considerazione.

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Published by
Nicolò Casali