Agosto 2020, maggio 2021: quante cose sono cambiate, quante sono rimaste le stesse. In questo periodo temporale l’Inter è ritornata a vincere un titolo, e che titolo! Campione d’Italia per la 19esima volta, con il condottiero Antonio Conte in panchina. Il comun denominatore rispetto a un anno fa, nostro malgrado, è la pandemia. Quella che ha scombussolato le abitudini sociali di tutto l’Universo e che ha prodotto effetti disastrosi sulla totalità, o quasi, dei settori lavorativi. Calcio compreso. L’Inter ha pagato un caro prezzo dovuto alla crisi economica: mercato a zero l’estate scorsa dopo il colpo Hakimi (finalizzato un anno fa di questi tempi), non mercato a gennaio, difficoltà in vista – dal punto di vista finanziario – per quanto riguarda il prossimo mercato. Ma nonostante questo ha lo scudetto cucito sul petto, nonostante un anno reso ancor più paradossale dall’assenza della proprietà, se non per lo scorcio finale, e per le continue voci su un riassetto societario, concretizzatosi poi nel famoso prestito concesso da Oaktree con la clausola che conosciamo e che vincola Suning da qui a tre anni.
Conte e tifosi, stesso obiettivo…
Tante cose sono cambiate, dicevamo. L’estate scorsa, per esempio, a seguito dello sfogo di Conte post-Bergamo e post-finale di Europa League, molti tifosi nerazzurri non avevano gradito le sue esternazioni e si erano schierati a favore della società. Sono serviti alcuni mesi per accorgersi di quanto il tecnico avesse ragione: con l’inizio del nuovo anno, siamo venuti a conoscenza delle problematiche societarie riguardanti la gestione dell’Inter che Conte conosceva ben prima di noi. Il tecnico chiese chiarezza a Villa Bellini: ok un mercato autofinanziato, ma serve trasparenza negli obiettivi societari. Risultato: in questa stagione i dirigenti non si sono mai sbilanciati nel parlare di obbligo scudetto, ma hanno sempre riservato a tale traguardo i crismi del sogno. Poi felicemente realizzatosi e culminato nella festa di soli due giorni fa sul prato di San Siro.
A distanza di un anno, Conte chiede la stessa cosa ma i tifosi, che ora hanno maggior contezza della situazione generale, si schierano in netta maggioranza dalla sua parte. Perché quell’allenatore li ha riportati sul tetto d’Italia fra mille difficoltà e perché ora il tecnico stesso merita chiarezza dopo aver stravinto il campionato ed aver assunto, ancora una volta, il ruolo di parafulmine, in questa stagione più che nella scorsa. Noi tifosi condividiamo la sua richiesta perché, dopo undici anni di attesa ed uno Scudetto già vinto, nessuno merita un ridimensionamento negli obiettivi. Di nuovo. Oppure, se ridimensionamento deve essere, che ci venga comunicato in maniera onesta, realista, cristallina. Dal canto suo, Conte è molto ambizioso, ma non vive in una bolla: sa che la situazione economica mondiale è complicata e che la crisi ha colpito in maniera frontale pure l’Inter, ed è per questo che sarebbe folle da parte sua pretendere un mercato caratterizzato da ingenti e numerosi investimenti. Ed i quotidiani che riportano di sue presunte richieste in questo senso sono francamente poco credibili.
L’idea che ci siamo fatti è che il tecnico possa anche accettare la politica dell’autofinanziamento e del taglio dei costi, ma questa deve essere accompagnata da un progetto a lungo termine che miri ad affiancare, al lato finanziario, anche gli obiettivi sportivi. Ambiziosi. Leggasi: possibilità di vincere nuovamente lo Scudetto il prossimo anno. Leggasi ancora: sacrificare i giocatori non indispensabili con ricchi contratti ma non mettere mano alla base che il tecnico ha faticosamente forgiato ed innalzato ai massimi livelli. Nel caso in cui, invece, questo dovesse verificarsi, un addio dell’allenatore è probabile e rientra nell’ordine delle cose. Prima di attaccarlo furiosamente, però, occorre tuttavia che tutti focalizzino un punto chiave che spesso viene dimenticato.
…ma Conte non è un tifoso
Prima di scadere in facili isterismi in caso di addio da parte del tecnico salentino, dobbiamo partire dal presupposto sopracitato. Conte è un professionista come tutti gli altri: è solo meno ipocrita. Lo ha ribadito anche quando sedeva felicemente sulla panchina della Juventus ed era acclamato da tutto il popolo bianconero: è sempre stato onesto e trasparente nella sua comunicazione in questo senso. Due le strade che si possono dispiegare sul futuro dell’Inter, dal quale dipenderà anche il futuro di Conte: la prima è pessima e si traduce in una proprietà, Suning, orientata a vivere alla giornata e concentrata esclusivamente a far quadrare i conti: questo lo scenario che, con tutta probabilità, condurrebbe dritto l’addio di Conte. Ma come biasimarlo? Se per noi tifosi la normalità è esserci sempre, non lasciarla mai sola, neanche e soprattutto durante la tempesta, per un professionista che, per definizione, non è tifoso, le cose stanno diversamente. La crisi esiste per tutti, è vero, ma per qualcuno vale meno degli altri: il Barcellona ha appena ingaggiato Aguero e Wijnaldum garantendo loro stipendi faraonici, il Milan ha acquistato oggi Maignan sborsando 15 milioni cash (cifra impensabile oggi per l’Inter, se non passando da cessioni) per sopperire alla partenza di Donnarumma che a sua volta potrebbe accasarsi alla Juventus. Per l’Inter la crisi economica si sente di più, è un dato di fatto.
La seconda strada, invece, prevede che Steven Zhang comunichi che è necessario soltanto stringere i denti e resistere a questo periodo di vacche magre, con un progetto che ripartirà a pieno regime non appena si innesterà nuovamente il circolo virtuoso legato agli incassi da stadio (si spera, nella prossima stagione), dagli sponsor e dalla qualificazione fissa in Champions League. È la possibilità nella quale tutti confidiamo, e siamo sicuri che Conte faccia lo stesso. Perché ha costruito una squadra a sua immagine e somiglianza, quindi vincente. Sarebbe un peccato, per lui in primis, abbandonare il suo progetto.
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