Non sarà magari meglio di Allegri (almeno come curriculum, dovuto soprattutto ai 9 anni di differenza), ma Simone Inzaghi è probabilmente la soluzione migliore che l’Inter potesse trovare in questi giorni concitati alla ricerca del post Conte. E la motivazione non sta soltanto nella differenza economica tra quello che percepirà lui in nerazzurro e lo stipendio dell’Allegri 2.0.
In primo luogo, perché garantisce continuità nel progetto tattico impostato dal tecnico pugliese, con magari qualche miglioria. L’ex CT, infatti, ha nella sua idea di calcio una squadra più fisica che tecnica, dove ognuno deve interpretare il proprio spartito con movimenti codificati. Non a caso, secondo il CIES, l’Inter era tra le peggiori squadre sia nei top 5 campionati europei sia in Serie A per dribbling tentati e riusciti. Con Inzaghino, invece, si potrà iniziare a vedere magari giocatori più liberi di esprimere il loro talento, senza che siano relegati in panchina al posto del Gagliardini di turno. Con tutto il rispetto per il centrocampista bergamasco, ma il riferimento non può che andare ad Eriksen e a quella che è stata la sua gestione in un anno e mezzo.
“Sì ma sono bravi tutti con Luis Alberto e Milinkovic Savic” penserete voi. Ma chi erano questi prima prima che arrivasse lui? Ebbene, uno dei suoi meriti è sicuramente quello di aver dato valore a giovani promesse, come anche Luiz Felipe (che piace al Barcellona), De Vrij, Keità Balde e Marusic. O addirittura averglielo ridato a chi magari aveva perso smalto e fiducia, come Immobile, Correa e Acerbi. Insomma, un allenatore che non solo sa fare di necessità virtù ma che, all’occorrenza, ha anche occhio per i prospetti. E questo, considerato il periodo, è sicuramente un vantaggio non da poco rispetto all’avere una figura che usa le conferenze stampa per far volare gli stracci, e che ti spinge a far siglare contratti multimilionari a ultratrentenni che poi non ti rendono più come nei loro anni d’oro (leggasi Vidal e Kolarov).
E poi, infine, non dimentichiamo che Inzaghi, lo scorso anno, ha passato almeno la fase a gironi di Champions League. E se non fossero stati per tutti quei casi di positività al Covid, magari sarebbe arrivato primo, non avrebbe trovato il Bayern e chissà che non ci sarebbe scappata pure la qualificazione ai quarti. Detto questo, ringrazieremo sempre Conte, ma ce ne faremo una ragione. D’altronde, la Juventus ha avuto il suo lustro migliore dopo che lui se ne è andato perché non credeva più nel progetto, no?