Chiedere a un Interista che ha ancora negli occhi la cavalcata eccezionale dell’ultima stagione se preferisca privarsi di Hakimi o di Lautaro, è come chiedere a un bambino se vuole più bene alla mamma o al papà. Perché in fondo, il nostro spirito fanciullesco, si riaffaccia con prepotenza e vigoria quando si parla di calcio e, in particolare, di Inter. Purtroppo, però, le contingenze legate alla pandemia ma, soprattutto, le ripercussioni sul gruppo Suning – che ad oggi non ha la forza per sostenere un club così storico e blasonato – ci obbligano a dover scegliere. A dover togliere un dente con la forza, senza che questi sia affetto da patologia alcuna: è un enorme sacrificio chiesto a noi tifosi in primis, all’allenatore e alla dirigenza, che mai come in questo periodo sta svolgendo un lavoro eccezionale tenendo, per quanto possibile e nonostante tutto, la redini della situazione ancora in mano.
E allora affrontiamo con coraggio questa privazione, che farà indubbiamente male, con lucidità. Per farlo, occorre discernere fra due piani che, mai come ora, sono sempre più distinti per l’Inter: quello tecnico-sportivo e quello economico-finanziario. Purtroppo, ad oggi, pare che il secondo sia gerarchicamente superiore al primo.
La prima domanda che ci si pone in questi casi spinosi è: chi dei due è più insostituibile? Prima risposta: Hakimi. O almeno così diranno i più, ed esistono ottime ragioni che giustificano tale asserzione. Se consideriamo i ruoli dei due giocatori coinvolti, rintracciare un esterno destro come Hakimi sul panorama mondiale sarebbe molto difficile per una società con disponibilità economiche medio-alte, figuriamoci per un’Inter che ha bisogno di chiudere il bilancio con un attivo pesantissimo. Già, perché è questo il punto chiave: comunque vada, l’Inter ne uscirà indebolita. È bene che il tifoso abbia ben presente questo caposaldo. Altrimenti non ci si raccapezzerà. Accettarlo è il primo passo per ripartire e per non lasciarsi trascinare da isterismi di sorta.
Dicevamo: Hakimi è insostituibile in quanto a ruolo. Sì, in effetti il mercato degli attaccanti è più ricco, ma il budget è inesistente e risulterà difficile reperirne uno in grado di sostituire degnamente Lautaro. E qui si incastra un altro punto di vista: l’Inter senza Hakimi – nella stagione 2019-20 – ha comunque totalizzato 82 punti in Serie A, affidandosi alla sua Lu-La. C’era il bug Conte che garantisce un bonus di punti durante il campionato, è vero, ma i due – pur senza alternative dietro di loro e giocandole tutte – hanno dimostrato di poter reggere i ritmi di una stagione tartassante e di sapersi caricare la squadra sulle spalle. Oggi rappresentano una delle coppie migliori al mondo, forse la migliore, che si conosce ormai a memoria e va avanti con movimenti coordinati e sinergici: siamo sicuri che separarli non sia un peccato mortale?
Questo significa che sia meglio cedere Hakimi? No, significa che oltre al valore singolo del calciatore bisogna tener conto di molte altre questioni, come le alchimie indissolubili che oggi si sono create. Di sicuro, parliamo di due top player in rampa di lancio, destinati a diventare fra i migliori al mondo e che una delle squadre più blasonate a livello internazionale – che è appena diventata Campione d’Italia – dovrebbe rendere perni del progetto per gli anni a venire. Eccoci, allora, al vero nocciolo della questione.
Ok le disquisizioni tecniche, i pro e contro, ma la realtà è un’altra e con questo aspetto non va a braccetto: il diktat di Zhang prevede una cessione eccellente, da circa 70 milioni, entro il 30 giugno, deadline nella quale l’Inter dovrà chiudere un sofferente bilancio in maniera meno traumatica. L’unica offerta reale pervenuta nella sede di Viale della Liberazione è per Hakimi ed è, come noto, quella del Psg. Il parere di chi scrive è che in questo momento sia superfluo affermare “no, meglio vendere Lautaro“. Semplicemente perché la scelta è vincolata alle offerte che arriveranno a Marotta e Ausilio. In poche e tristi parole: non dipende dall’Inter.
Le parole di Camano, procuratore di entrambi, rilasciate ieri su Lautaro dicono molto sul momento di incertezza nerazzurro e sul fatto che, da un po’ di tempo, si navighi a vista. E non per colpa dei dirigenti o degli allenatori che hanno lasciato e di quelli che sono appena arrivati. Al tempo stesso, il presunto desiderio da parte di Lautaro di giocare nel Barcellona lascia il tempo che trova, in assenza di offerte entro il 30 giugno. Occorre sottolineare, infatti, che il Barça non è il Psg. I francesi sono posseduti da uno Stato e, pur non essendo ancora arrivati a soddisfare le richieste nerazzurre, hanno comunque presentato un’offerta cash, sull’unghia, da ben 60 milioni. I catalani, al momento, non possono farlo perché non dispongono della medesima potenza economica.
Alla fine, quindi, al di là della scelta tecnica, che avrà un peso marginale se non inesistente, sarà l’offerta e il mercato a fare la voce grossa e determinare quale sarà il sacrificio dell’Inter entro il 30 giugno. Per Suning, al momento la priorità è economica e non sportiva, come traspare dalle dichiarazioni di Zhang sui giornali domenica mattina. Succederà che uno dei due verrà ceduto e che insorgeranno i tifosi chiedendo la testa di Marotta e Ausilio che avrebbero dovuto “salvare” uno e cedere l’altro. Ma non è così che, a nostra volta, aiuteremo l’Inter. I dirigenti, da un anno a questa parte, fanno quel che possono. Ma non chiedetegli pure di decidere sulle tempistiche e sulle cifre delle offerte altrui.