Leo Turrini, scrittore e giornalista, racconta sulle pagine de Il Resto del Carlino il dramma e la paura per Christian Eriksen.
“E’ banale, lo so. Eppure, sono sommessamente convinto che nessuno, vedendo le immagini terribili di Eriksen esanime sul terreno, nessuno di noi, dicevo, credo sia riuscito a sottrarsi ad una angosciata riflessione. Quante volte ci scanniamo, al bar o in famiglia, per un rigore non dato, per un gol sbagliato, per una sostituzione non condivisa? Troppo spesso, accecati dalla passione, rischiamo di dimenticare la Grande Bellezza del calcio. Certo, muove interessi enormi, genera arricchimenti leciti ed illeciti, scatena isterismi che sono il pane e il companatico del delirio social. Ma resta pur sempre un gioco, praticato da giovani esseri umani pagati per divertirsi e divertirci. Dovremmo custodirlo con cura, persino con l’amore che si deve a qualcosa di sano, di prezioso. Rammento, con malinconia, le cose che ci raccontammo e vi raccontammo quando tragedie senza appello uccisero sul campo Curi del Perugia (era il 1977) o Morosini del Livorno (era il 2012). Ci affannammo a spiegare che cambiava tutto, che non avremmo più tollerato le jene del rancore, i dementi che gridano “devi morire” dagli spalti all’avversario ferito, eccetera eccetera. Lo abbiamo fatto anche dopo la disgrazia del compianto Astori. Furono promesse da marinaio, ammettiamolo. Adesso, adesso che la grande paura per la salute dell’elegante centrocampista dell’Inter sembra essersi dissolta, a me preme segnalare una scena che dobbiamo prendere come una manifestazione di civiltà. All’interno di uno stadio finalmente restituito al pubblico, al popolo. Nel panico crudele di un sabato sera d’estate, è piaciuta tantissimo la reazione al dramma degli altri calciatori danesi. In un tempo in cui l’idiozia dell’orrore si fa troppo spesso spettacolo per guardoni osceni, è stato bellissimo vedere i compagni di Eriksen schierati a fare muro intorno al collega caduto. Volevano proteggerne l’intimità e la dignità, che è qualcosa di fondamentale sempre, ma soprattutto nella sofferenza, nel dolore, nel disagio fisico. Sembra una piccola cosa e invece contiene la Grande Bellezza del calcio, per chi si impegna, muovendo in direzione ostinata e contraria, a tentare di coglierne il senso vero. E vale anche per la vita di ognuno di noi”.
(FONTE: IL RESTO DEL CARLINO)
Lascia un commento