In una lettera pubblicata su Gazzetta dello Sport, il fondatore di InterSpac Carlo Cottarelli risponde ad un precedente articolo del giornalista Gianfranco Teotino che esprimeva perplessità sull’azionariato popolare. “Sono dubbi legittimi e utili a calmare gli eccessivi entusiasmi, ma vorrei chiarire alcuni punti rispetto alle domande poste nell’articolo. Ci sono tanti ostacoli da superare, dice Teotino. Ha ragione. L’operazione non è facile, ma è solo provando che si potrà sapere se può funzionare. In questo momento chiediamo solo ai tifosi (dell’Inter, in primis, ma anche di altre squadre) di dire se sono interessati a un’operazione di questo tipo (attraverso un sondaggio al sito Interspac.eu). Se si arrivasse al momento della raccolta di risorse, allora sarebbe fondamentale spiegare in dettaglio come l’operazione possa essere resa sostenibile economicamente”.
“È vero che ciò che ci ha ispirato in questa idea è la passione per la nostra squadra, la nostra Inter. Ma alla parola passione vogliamo abbinarne altre due: sostenibilità e stabilità. Naturalmente, un’analisi precisa della fattibilità economica del progetto potrà avvenire solo una volta acquisite tutte le necessarie informazioni dal club in questione, ossia dopo l’avvio delle discussioni. Un risultato soddisfacente del sondaggio renderà però più probabile che si arrivi a tale discussione”.
“Ciò detto, ci sono almeno tre motivi per pensare che l’apporto di capitale fresco da parte dei tifosi possa aiutare la sostenibilità dei conti dei club calcistici. Primo, in questo momento, tale capitale rimpiazzerebbe finanziamenti a debito contratti spesso a tassi di interesse elevatissimi, con un risparmio ingente di risorse. Sarebbe in sostanza, seppure attraverso l’intervento di un operatore esterno (i tifosi), un debt-equity swap, una componente tipica di un’operazione volta a rimettere in ordine i conti di società indebitate. Secondo, il capitale fornito dai tifosi è più stabile, il che facilita la pianificazione di medio termine (si pensi alla ristrutturazione o alla costruzione di un nuovo stadio). Terzo, pensiamo che l’azionariato popolare crei un legame più stretto tra tifosi e squadra, portando a entrate più elevate dalla vendita di biglietti, di prodotti e di pubblicità (come il caso del Bayern suggerisce). È appropriato il confronto con le società tedesche, visto che in Germania esiste l’obbligo legale, con qualche eccezione, dell’azionariato popolare? Nulla impedisce di fare volontariamente quello che in Germania è obbligatorio”.
“Il fatto che in Germania l’azionariato popolare sia obbligatorio non impedisce di trarre conclusioni sui vantaggi economici che tale azionariato comporta, purché, ovviamente, le condizioni di entrata dei tifosi nel club siano appropriate. Un ultimo punto. Teotino suggerisce di affidarsi a investitori istituzionali e non ai tifosi. Gli uni non escludono gli altri (anche qui il caso delle società tedesche è di esempio). La nostra intenzione è di unire tre fonti di finanziamento: i contributi, necessariamente, più limitati di tantissimi tifosi; il contributo di qualche centinaio di imprenditori e manager che hanno la possibilità di investire in modo più significativo; alcuni investitori istituzionali”.
“Ripeto, il progetto non è di facile realizzazione. Ma è meglio esplorare la possibilità di questa nuova strada o rassegnarci a vedere le nostre squadre di calcio passare da un fondo all’altro, da un paese all’altro, da un debito all’altro?”.
Lascia un commento