Romelu Lukaku più vicino a Londra che a Milano. “Il Chelsea – scrive la Gazzetta dello Sport – ha formulato un’offerta all’Inter da 90 milioni di sterline, al cambio 105 milioni di euro, più il cartellino di Marcos Alonso, valutato dai londinesi altri 15: totale 120. Il rifiuto della società nerazzurra è stato netto, perché la proposta è ancora lontana dal valore che attualmente viene dato al giocatore. Ok, ma qual è il prezzo giusto? Il Chelsea a breve, forse già oggi, formulerà una nuova offerta. L’Inter pretende una proposta shock, non cede per meno di 130 milioni di euro cash: se il nuovo affondo si avvicinerà a quella cifra, l’affare sarà chiuso in poco tempo, forse anche entro la fine di questa settimana. Sul cartellino di Alonso non c’è chiusura totale, anche perché sullo spagnolo c’era il gradimento dell’Inter nell’ambito delle chiacchierate con il Chelsea per Hakimi. E in assoluto c’è pure la disponibilità a parlare di contropartite. Ma sarà la base cash, evidentemente, a fare la differenza. A Lukaku, invece, il club di Abramovich è pronto a garantire un ingaggio di base fissa da 12-13 milioni, che con i bonus arriverà a toccare i 15, cifra ben superiore rispetto agli 8,5 che gli spettano in questa stagione a Milano”.
Preso atto del fatto che una cifra di tale portata (130 milioni), sia davvero enorme data la congiuntura economica e mondiale attuale, riverberatasi anche nell’universo a parte rappresentato dal calcio, oggi vi proponiamo 9 motivi per cui, oggi, l’Inter non può cedere Lukaku. Già, 9, come il numero di maglia che ha ereditato da un attaccante caratterizzato da personalità diametralmente opposta, contribuendo in maniera decisiva a formare un’Inter vincente.
1) In condizioni normali, in un mondo senza il Covid, con una proprietà in grado di sostenere il club, l’Inter avrebbe potuto seriamente pensarci. Ed anche accettare. Sarà impopolare affermarlo, ma Lukaku è un classe 1993, ha 28 anni, è nel pieno della maturità calcistica: un’offerta di tale portata, con tutta probabilità, non arriverà mai più. Cedere un calciatore all’apice della sua carriera a fronte di una proposta colossale come quella avanzata dal Chelsea non è sempre stato sinonimo di ridimensionamento: i tifosi nerazzurri dovrebbero esserne ben consci, basti ricordare Ibrahimovic al Barcellona e l’epilogo di quella stagione, per l’Inter e per il Barça. Lo stesso Marotta, nei suoi anni alla Juventus caratterizzati da sette scudetti consecutivi, ha fatto del player trading una caratteristica peculiare della gestione bianconera, basti pensare alla cessione di Pogba. Ma oggi non ci troviamo in condizioni normali, è un altro mondo ormai da un anno e mezzo. L’Inter reinvestirebbe l’intera cifra? Improbabile, quasi impossibile. Buona parte servirebbe ancora una volta a reperire nuova liquidità, quella che Suning – ormai non è un mistero – non è più in grado di garantire ad un club che, come tutte le big, non ha potuto contare sui consueti introiti nell’ultimo anno e mezzo e che per recuperare dalle perdite è stato l’unico in Italia a dover cedere un big, immettendo l’intera cifra (70 milioni) nelle proprie casse e continuando a richiedere prestiti in giro per l’Italia e per l’Europa al fine di sostituire il miglior esterno destro al mondo. No, l’Inter non reinvestirebbe l’intera cifra. Questo significa una sola cosa: ridimensionamento. Ulteriore.
2) L’Inter ha già perso almeno cinque tasselli rivelatisi fondamentali più o meno alla lunga per il diciannovesimo Scudetto. Qualcuno ha lasciato per disallineamento con i progetti futuri del club come Antonio Conte, qualcuno per saldare le pendenze come Achraf Hakimi, qualcun altro per una tragedia sfiorata come Christian Eriksen, nonostante per quest’ultimo ci sia un briciolo di meravigliosa speranza in vista di un ritorno in campo con la maglia dell’Inter. E a questi si può aggiungere Lele Oriali, bandiera nerazzurra che faceva da referente unico ad Appiano per qualsivoglia problema dei calciatori, oltre ad Antonio Pintus, il miglior preparatore atletico al mondo. No, l’Inter non può permettersi di perdere un altro pezzo del puzzle, probabilmente il più pregiato.
3) L’Inter ha scelto Simone Inzaghi per sostituire Antonio Conte in nome della continuità. Vero, ogni tecnico ha una propria fisionomia di gioco oltre a determinate idee, ma quelle del piacentino non si discostano troppo dall’allenatore che ha riportato l’Inter sul tetto d’Italia. E in questo sistema, oggi come ieri, Lukaku è fondamentale. Semmai, se il club nerazzurro avesse scelto di rivoluzionare completamente i concetti instillati da Conte scegliendo, ad esempio, Maurizio Sarri, allora nell’eventuale cessione si sarebbe potuto rintracciare un senso. Adesso no.
4) Lukaku è l’uomo immagine di questa Inter: è colui che appare nelle copertine, il calciatore la cui maglia risulta più venduta negli store e fra i bambini, uno dei simboli dello Scudetto conquistato solo tre mesi fa, nonostante sembri trascorsa un’era geologica dopo gli addii ai quali i tifosi nerazzurri hanno dovuto tristemente assistere. Farebbe troppo male. Non oggi, non adesso, non da Campioni d’Italia. Sarebbe un enorme segnale di debolezza lanciato all’Italia e all’Europa intera. Se la necessità ostinata e ostentata – anche da parte del presidente – di recuperare 70-100 milioni dal mercato ha rappresentato una pessima pubblicità per il club, privarsi anche del calciatore più rappresentativo per motivi economici sarebbe la batosta definitiva alla reputazione dell’Inter. E come reagirebbero gli altri top player in squadra, a partire da Lautaro? Immaginiamo la risposta.
5) Perché Lukaku e la Serie A sono fatti l’uno per l’altra. Quante volte, nella passata stagione, nelle partite bloccate l’Inter si è letteralmente aggrappata a Lukaku? Quante volte i compagni lo hanno servito spalle alla porta ed il belga ha messo in difficoltà l’intera difesa avversaria semplicemente con la sua fisicità? Nel nostro campionato, più che negli altri, la stazza della prima punta è elemento fondamentale per avere la meglio – soprattutto contro le medie e piccole – con continuità, dunque garantisce più possibilità di vincere i campionati. Come è appena successo.
6) Perché Lukaku è un personaggio estremamente positivo: ha un rapporto eccezionale con tutti all’interno dello spogliatoio e si è distinto per gesti distensivi ed improntati alla serenità. Basti pensare all’organizzazione dell’incontro di boxe ad Appiano Gentile fra Conte e Lautaro all’indomani del battibecco fra i due. Perderlo sarebbe un colpo durissimo all’interno di un ambiente nel quale Lukaku ha una leadership indiscussa.
7) Perché è il 3 agosto, il campionato parte fra 18 giorni ed Inzaghi si troverebbe a dover rimodulare completamente l’assetto di gioco della squadra, privata del suo cardine per eccellenza, oltre a dover aspettare il sostituto. Si arriverebbe a fine agosto e a campionato iniziato già da due giornate. Parliamo di un processo di adattamento per il quale un ritiro intero sarebbe appena sufficiente, considerata l’importanza del calciatore nei meccanismi di gioco. Figuriamoci quanto sarebbe deleterio e dispendioso – in termini di risultati – farlo in partite ufficiali.
8) Perché il calciatore ha affermato solo una settimana fa di voler restare all’Inter senza se e senza ma. Merce rara, di questi tempi. Il suo legame con i colori nerazzurri è motivato anche dal fatto che qui Lukaku ha vissuto, sta vivendo e (speriamo) continuerà a vivere i migliori anni della sua carriera. Tornare in Inghilterra, luogo dal quale è scappato poiché bistrattato per raggiungere l’Inter che ha voluto con così tanta ostinazione, sarebbe un controsenso. Oppure, vorrebbe dire che è stato messo alla porta in presenza di un’offerta di tale portata. In ogni caso, significherebbe cedere un calciatore fondamentale per volontà della proprietà più che dello stesso, come Hakimi, più di Hakimi.
9) Perché siamo l’Inter. Bisognerebbe ricordarsene più spesso. Storia leggendaria, ultracentenaria, costellata di campioni, trionfi, splendore e campioni. Gli ultimi dieci anni di mediocrità, senza titoli, sono stati un’umiliazione alla quale abbiamo cominciato a porre rimedio negli ultimi due anni, ritornando dove ci compete: sul tetto d’Italia, nelle finali europee. Non siamo la Roma o il Napoli, con tutto il rispetto: noi non vogliamo vincere un anno e poi scomparire nuovamente per dieci. Come ha affermato Enrico Mentana, se i proprietari hanno idee diverse, se vogliono privarsi dei campioni subito dopo aver vinto, trattandoci come una comparsa e dimostrando scarsa considerazione del blasone nerazzurro, sarebbe altamente auspicabile che le nostre strade si dividano. L’Inter merita di meglio.
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