Il giornalista e tifoso nerazzurro Beppe Severgnini sul Corriere della Sera.
“Se ti compri la Ferrari, e poi ti accorgi di non avere i soldi per la benzina, rinunci all’auto: non vendi il motore. Questo direi a Steven Zhang, se mi capitasse di incontrarlo. Romelu Lukaku era il motore dell’Inter – motore atletico, tattico, emotivo – e la sua cessione è dolorosa. Anche perché segue quella di Hakimi, un altro propulsore nerazzurro. Conosco un po’ la Cina, e posso capire la difficoltà di mettere altri soldi in una squadra di calcio europea, col rischio di dispiacere il potere a Pechino. C’è il rischio di finire come Jack Ma, il padrone di Alibaba, messo ai margini. Ma l’Inter è una squadra gloriosa, piena di storia e amata da milioni di tifosi: non erano queste le premesse, e le promesse, di Suning. Il costoso prestito di Oaktree, evidentemente, non è bastato. A Romelu Lukaku, che dobbiamo dire? Ha fatto vincere all’Inter un magnifico scudetto, e non verrà dimenticato. Ha capito, qualche mese dopo Antonio Conte, che il progetto veniva ridimensionato, e ne ha tratto le conseguenze. Forse avrebbe potuto limitare i superlativi e le dichiarazione d’amore, che non sono mai previste nei contratti: anche perché noi tifosi ci crediamo. Certo è triste vedere «il re di Milano» – parole sue diventare uno dei tanti capitani di ventura a Londra. Non sembra una promozione. Di sicuro, la sua partenza lascia un grande vuoto. Il tifo calcistico è una forma consentita di infantilismo, e i tifosi ci rimangono male, quando accadono certe cose. Il rischio è che ora la costruzione, tolte le fondamenta, cominci a mostrare grosse crepe, e poi crolli. Sarebbe interessante sapere cosa passa in queste ore per la testa di Lautaro (inseguito da Atletico Madrid e Tottenham), Barella (concupito dal Liverpool) e Bastoni (corteggiato dal Manchester City). I tre si chiederanno, probabilmente: ha senso restare in una squadra che ha ridimensionato le proprie ambizioni? La risposta la sapremo presto. Nel frattempo, consoliamoci ricordando questo: presidenti, manager, allenatori e giocatori passano. Restiamo noi tifosi e due colori, per tutta la vita”.
(FONTE: CORRIERE DELLA SERA)