Si sta svolgendo a Milano, presso la “Fondazione Riccardo Catella”, il seminario di presentazione di Interspac, intitolato “Se non ora, quando?“. L’incontro, ai quali presenziano diversi soci, oltre ad alcuni esperti nel campo dell’intelligenza artificiale e dell’azionariato popolare nel calcio, si è aperto con le dichiarazioni del presidente Carlo Cottarelli. Questo il pensiero del professore ed economista: “L’azionariato popolare è un modello che può funzionare per l’intero calcio italiano e mondiale. Parto però da una premessa: chi si aspetta una difesa incondizionata del progetto che stiamo portando avanti, risulterà un po’ deluso. Siamo qui per parlare delle difficoltà che progetti innovatori di questo tipo inevitabilmente incontrano ed incontreranno. Tra le difficoltà però, ci sono anche opportunità”.
Cottarelli è partito dal definire precisamente il modello: “Si tratta della partecipazione di quote di tifosi in numero elevato del capitale della squadra che amano. Non parliamo necessariamente di tifosi con limitata capacità economica, ma possibilmente anche di tifosi con maggiore possibilità di investimento. In base a questa definizione, sono già diversi i club che seguono questo modello: Real Madrid, Barcellona e la maggior parte dei club tedeschi. Esiste però un’importante differenza rispetto a questi casi: questi club sono partiti come associazioni, il nostro caso sarebbe invece unico. Qui i tifosi si mettono insieme per entrare nel capitale di una società che già esiste e comprarla da un investitore estero. Sarebbe un modello unico a livello mondiale, quantomeno nel calcio”.
Tutto parte, ovviamente, dalla passione tipica del tifoso: “Non si può negare che la motivazione principale sia l’amore per la propria squadra e il desiderio di darle una stabilità che forse non c’è stata negli ultimi anni, non solo nell’Inter, ma nel calcio italiano in generale. Qualche rara eccezione c’è, ma – almeno nel calcio – possiamo dire che il primo amore non si scorda mai. Il calcio è parte della vita di tutti e della nostra cultura. Questa è la motivazione principale per me e per le altre persone che sono in Interspac. Cosa c’è di più bello di riconoscersi nella squadra per la quale si tifa? Investire in un piccolo mattone del proprio club“.
Come già ribadito negli ultimi mesi, più che alla Spagna, il progetto guarda alla Germania e in particolare al Bayern Monaco: “Abbiamo un elenco di 350 manager e professionisti che potrebbero mettere qualcosa in più e vorremmo anche avere alcuni pillar investor come nel caso delle tre A del Bayern (Adidas, Allianz, Audi, ndr). Una chiara struttura di governance è importante e il modello può essere quindi quello del Bayern, ma è soltanto una possibilità”.
Uno dei punti cardini del discorso di Carlo Cottarelli è stato il realismo: sarebbe ingenuo e poco credibile affermare che non ci siano difficoltà, se parliamo di un progetto così innovativo e di un territorio inesplorato all’interno del calcio italiano. Ecco le tre principali problematiche: “La prima è coordinare un numero molto grande di persone. Visti i risultati, credo che sarebbe possibile raggiungere numeri anche molto più grandi di quelli raggiunti attraverso un’adeguata campagna pubblicitaria. Se si passasse ad una vera operazione di raccolta, si dovrebbe arrivare ad investire molto più delle poche migliaia di euro che abbiamo investito. Occorrerà un’adeguata organizzazione per raggiungere i tifosi. Coordinare tutti questi elementi è molto complicato, soprattutto per noi italiani che abbiamo molte difficoltà nel metterci insieme. Ma è accettabile credere che quello che fa un miliardario che viene fuori dai confini italiani non possa essere fatto da migliaia di tifosi italiani? Credo sia inaccettabile. Bisogna sfatare l’idea che gli italiani siano troppo attaccati ai propri interessi”.
“Il secondo problema è che occorre un modello finanziariamente sostenibile. Nel calcio si crede sia possibile essere competitivi solo attraverso una proprietà miliardaria che viene dall’estero e l’ho sentito dire pure nel nostro caso. Il tifoso, nel nostro caso, compra un mattone per amore, non per avere un tornaconto nel 10%. Non chiede remunerazione. Questo consente di sostituire debito con capitale, risparmiando decine di milioni spesi in interessi ogni anno. L’esperienza di club con azionariato popolare suggerisce poi che i ricavi stadio e pubblicitari possono essere più elevati perché si crea un legame ancora più forte tra tifosi e società”.
“Il terzo punto: è normale che, per quanto riguarda squadre con azionariato popolare, ci sia un modesto contributo annuale che per i soci può ammontare a 50-60 euro, almeno per un certo periodo di tempo. Associare ad un certo investimento un contributo annuale del 5-6% per qualche anno, credo sia ragionevole“.
Cottarelli passa, dunque, alla fase più pragmatica e operativa del suo discorso. La novità è che è stato trovato un consulente: “Voglio ringraziare ancora l’attuale proprietà dell’Inter per quanto fatto: ha portato il club alla vittoria e lo ha reso competitivo anche quest’anno. Noi abbiamo quasi scelto il nostro consulente che ci aiuterà a preparare un piano di governance dettagliato e contiamo di presentare la nostra proposta entro la fine di novembre. Ci sono difficoltà, non posso nasconderlo, ma questo è il nostro obiettivo. Se ci fosse interesse da parte della proprietà, passeremmo alla fase della raccolta da parte dei tifosi e di altre parti interessate. Non è questo il momento di mettere i soldi, ora bisogna sedersi e preparare una proposta concreta e dettagliata”.
In conclusione, il presidente di Interspac ha voluto citare Bebe Vio e una suggestiva frase contenuta all’interno del suo libro, che ben si adatta al progetto: “Se sembra impossibile, allora si può fare”.