Caro Inzaghi, che fine ha fatto D’Ambrosio?

Lo strano caso di D’Ambrosio da Napoli. Ebbene sì, che fine ha fatto il duttile difensore campano tanto ben voluto da Antonio Conte? Perché non sta trovando spazio da Inzaghi? Poteva far comodo in alcuni momenti di questa prima parte del campionato? Tutte domande alle quali non c’è risposta, anche se si possono fare delle ipotesi interessanti.

Abbiamo lasciato il difensore classe ’88 sollevare la coppa dal terzo anello di San Siro: allora c’era ancora Conte, c’erano Lukaku e Hakimi e i problemi, in quella giornata di maggio, erano lontani. Tutto sembrava andare per il meglio, 19 partite giocate in A, ben 6 da titolare e molte da subentrante, e 5 match di Champions su 6 della fase a gironi (2 da titolare).

Danilo D’Ambrosio è sempre stato un giocatore positivo: non l’uomo che crea superiorità, non il dribblatore, ma presente se c’è da attaccare il secondo palo nei calci piazzati e un vero mastino in difesa, decisamente migliore di Dumfries, ma non peggiore di Darmian, preferito largamente a lui. Allora, che cosa è successo?

Ci sono dei giocatori che, pur essenziali non tanto nella manovra quanto nella sostanza, non sono ben visti da certi allenatori. Darmian, ad esempio, utilizzato al massimo sia da Conte che da Inzaghi, a quanto pare darebbe delle garanzie migliori di quelle di D’Ambrosio, relegato in panchina e solamente un anno più vecchio del collega di reparto.

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Eppure, molti tifosi si sono chiesti se al posto dell’affaticato Perisic Inzaghi non avesse dovuto inserire proprio il terzino campano e non l’olandese, poi reo di aver commesso il fallo da rigore – generoso -. Infatti, una delle qualità di D’Ambrosio è proprio quella di saper gestire i momenti finali, a volte ribaltando il risultato, a volte facendosi ammonire spezzando la controffensiva rivale, spesso facendosi fare fallo e dando alla squadra tempo di rifiatare.

Insomma, Danilo non si merita appena 39 minuti in stagione (37′ contro la Samp e 2′ contro il Sassuolo), né i tifosi, per i quali la sua presenza in campo non è sempre sinonimo di mediocrità, come alcuni vogliono far credere, ma di sicurezza. Il giocatore è ancora importante e il prolungamento del contratto lo scorso 28 giugno è la prova della fiducia di cui gode in società, forse non da parte di mister Inzaghi.

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