Il primo tempo di Joaquin Correa, ieri, è stato insufficiente. Fino al gol, il Tucu era risultato il peggiore in campo (probabilmente insieme a Dumfries) negli uomini di Inzaghi. La pazienza dei tifosi nerazzurri è stata messa a dura prova, poiché l’argentino era alla terza partita da titolare dopo la sfida di San Siro contro il Bologna (sostituito al 29′ per un problema all’anca) e quella di Reggio Emilia contro il Sassuolo (57 minuti da dimenticare). E pure nei vari spezzoni disputati contro Sampdoria, Real Madrid, Shakhtar Donetsk, Lazio ed Empoli non aveva affatto lasciato il segno.
Da lui, ieri, ci si attendevano risposte e, fino all’ora di gioco, non erano state esattamente quelle auspicate e l’unico bel ricordo del Tucu in maglia nerazzurra era quello del 27 agosto, a Verona, quando aveva realizzato una doppietta all’esordio. Insomma, il timore che quello del Bentegodi rimanesse un episodio isolato era fondato. Poi, però, il numero 19 ha deciso di caricarsi la squadra sulle spalle, realizzando altri due gol importantissimi e legando indiscutibilmente il suo nome a quello di altri tre punti conquistati. Una dinamica che racchiude le caratteristiche che da sempre rappresentano un limite e un pregio per Joaquin: lunghe pause all’interno della partita e della stagione, scintille da fuoriclasse in grado di diventare leader tecnico quando nessuno se lo aspetta.
Quella di ieri, a San Siro, è stata una forte dimostrazione di personalità: Correa ha sicuramente avvertito – in queste settimane – le perplessità nell’ambiente dovute all’investimento da 30 milioni per acquistarlo dalla Lazio. Per un’ora è sembrato svogliato, con un atteggiamento quasi indisponente; poi, però, ha incendiato quel San Siro che aveva cominciato a beccarlo. Nulla di nuovo, per uno come lui: le potenzialità del giocatore sono indiscutibili e, se messo in condizione di cimentarsi in progressioni palla al piede in ripartenza, dà il meglio di sé rispetto alle fasi di partita in cui si trova ad attaccare una difesa schierata.
Il prossimo passo del Tucu, però, dovrà essere quello di non concedersi pause e di sconfiggere la sua indole discontinua. Perché se con Estudiantes, Sampdoria, Siviglia e Lazio questo può essere ritenuto accettabile, l’Inter – con tutto il rispetto per queste realtà – è un’altra cosa. Qui il rendimento deve essere alto di minuto in minuto, di partita in partita, di mese in mese. Le qualità tecniche sono da Inter, deve diventarlo pure la mentalità. Questa sarà la grande sfida del Tucu e di Simone Inzaghi che tanto ha desiderato portarlo a Milano: da qui passano molte fortune dei nerazzurri, ma anche la possibilità – per Correa – di fare un salto decisivo: da scintilla estemporanea a leader tecnico consolidato.
Lascia un commento