La prestazione, ancora una volta, è arrivata. Come contro Atalanta, Lazio e Juventus. L’Inter è scesa in campo difendendo lo Scudetto sul petto, dimostrando di non essere inferiore ai rossoneri nonostante i sette punti di distanza, così come non aveva affatto sfigurato contro bergamaschi, biancocelesti e bianconeri. Ma ancora una volta, dal campo è uscita senza il riconoscimento più importante, quello che mai come stavolta sarebbe servito per accorciare la classifica nei confronti delle due lepri in vetta: la squadra di Inzaghi aveva l’occasione, in un colpo solo, di recuperare tre punti al Milan e due al Napoli. L’ha fallita.
Solo episodi?
La partita di ieri ha evidenziato e confermato il trend delineatosi negli altri big match stagionali: gol sbagliati nei momenti decisivi della partita, episodi sfavorevoli. Ci sono il rigore di Lautaro e almeno altre quattro palle gol nitide fallite, con lo stesso Toro, Barella, Vidal e Calhanoglu. C’è l’autogol di De Vrij. Così come contro l’Atalanta c’era il rigore di Dimarco; contro la Lazio il gol subito con l’uomo a terra nonostante 60 minuti ben giocati; contro la Juventus il penalty concesso nel finale, quando l’Inter stava amministrando con tranquillità il vantaggio. Sono sliding doors delle partite che costantemente vengono sbattute in faccia ai nerazzurri, che non riescono a trarne profitti: ma è giusto continuare a parlare di episodi e, indirettamente, di sfortuna? Non è questa la via da seguire, non è questo che riporterà l’Inter a vincere quegli scontri diretti che lo scorso anno le hanno permesso di conquistare lo Scudetto.
Cattiveria
Ogni sfida di alto livello – in quanto tale – è composta da episodi decisivi, com’è normale che sia, ma se girano sempre a tuo sfavore non ci si può appellare al caso. Perché gli episodi sfavorevoli, se reiterati, diventano allora difetti di squadra. I gol sbagliati, la mancata freddezza in occasione dei momenti cruciali delle partite importanti, sono probabilmente sintomo di una cattiveria che manca, quella che lo scorso anno ha consentito all’Inter di comandare le variabili delle gare con autorevolezza. Alla squadra di Inzaghi serve ritrovare la fame di successo che consente di arrivare concentrati nei momenti spartiacque e di gestirli con cinismo e istinto killer. Certo, il momento negativo di Lautaro – così come la partita sottotono disputata da Barella e Brozovic ieri – ha sicuramente inciso. Il Toro, partito Lukaku, era chiamato alla stagione della definitiva consacrazione e per ora non sta rispettando le aspettative, sia sotto l’aspetto dei gol segnati (è a secco dal 2 ottobre) che soprattutto a livello di prestazioni. Non ci si può aspettare che sia sempre Dzeko a prendere in mano le redini delle partite, specialmente quando i ritmi sono altissimi come ieri e il bosniaco va fisiologicamente in difficoltà, al pari dell’esperto collega Ibrahimovic.
La strada dei vincenti
I nerazzurri, dunque, sostanzialmente non hanno mai sbagliato approccio alle partite, non hanno mai demeritato, ma sono arrivati sempre a un pelo dal traguardo, dalla vittoria nei big match. Non è un fattore che può essere sottovalutato: senza le vittorie negli scontri diretti, ogni obiettivo ambizioso è precluso. Inzaghi deve ripartire da qui. Perché il prossimo impegno è Inter-Napoli: partita difficilissima, anche perché arriva dopo la solita, distruttiva sosta. Ma nessuno di noi vorrà ritrovarsi, lunedì 22 novembre, a parlare ancora di episodi, sfortuna e recriminazioni varie. Non è questa la strada dei vincenti.
Lascia un commento