Oggi in forza al Basilea ma di proprietà dell’Inter, Sebastiano Esposito ha concesso una lunga intervista a Cronache di Spogliatoio, nella quale ha svelato anche diversi aneddoti sulla sua esperienza con la Prima Squadra nerazzurra nella stagione 2019-20. L’attaccante di Castellammare di Stabia, in particolare, ha ricordato il giorno in cui, in una delle sue prime convocazioni, si presentò con un minuto di ritardo. “Uno solo, ma non si fa. Entrando nello spogliatoio, mi presi uno schiaffo sul collo da Handanovic che ancora mi gira la testa. D’Ambrosio non mi parlò per un mese e mezzo. Pazzesco, vi giuro. Gli parlavo, gli scrivevo, lo chiamavo: niente, zitto. Un giorno arriva e mi fa: ‘Considera che è come se ti avessi presentato io a questa squadra, a questo spogliatoio. Ho garantito per te, e te mi ripaghi così? Mi hai fatto fare brutta figura’. A quel punto, in silenzio ero io. Per me è stato un fratello maggiore o un secondo padre. Ho una foto insieme a lui il giorno del mio esordio in Europa League, poi ce ne scattammo anche una dopo la partita per immortalare il momento. D’Ambro è sempre stato molto severo con me e lo ringrazio per questo, mi ha aiutato a crescere. Una persona da 10 e lode, mi ha sempre supportato anche da lontano: ‘Continua a lavorare, prima o poi l’inferno passa e arrivano le stelle’. Lui ne è l’esempio, dopo aver sofferto e lavorato duramente ha vinto lo Scudetto. Tutto meritato”.
Anche Lukaku è stato importante nel suo percorso in nerazzurro: “Incredibile è stata anche la prima volta in cui ho parlato con lui. Era la tournée estiva dell’Inter, nel 2019, e lui era ancora nel Manchester United. Ci sfidiamo in amichevole e a fine partita, quando lo incrocio fuori dagli spogliatoi, gli dico ‘Ciao Romelu’. Mi sorride e risponde: ‘Ciao Seba’. Ho passato intere ore a capire come diavolo facesse a sapere chi fossi. Io aggregato dalla Primavera, lui sapeva il mio soprannome. Poi ha firmato con noi e un giorno, nella hall di un albergo a Udine, stavamo facendo due chiacchiere di gruppo dopo pranzo. C’erano Rom, Lauti, Basto, Bare e qualcun altro. Quando abbiamo finito, siamo andati a farci una doccia. Dovete sapere che Romelu ha una paura tremenda dell’ascensore, quindi abbiamo fatto le scale. E mentre salivamo, mi fa: “Avete preso una bella scoppola nella finale del Mondiale U-17‘. Imbarazzatissimo rispondo: ‘Eh sì… è andata abbastanza male. Perché, l’hai vista?’. ‘Certo Seba, sennò come facevo a chiamarti per nome!’. Gli spiegai che magari che poteva avermi cercato su internet. ‘No no le ho viste tutte e sei stato bravo’. Potete immaginare come ho camminato quel pomeriggio: minimo a tre metri da terra. Era sincero e diretto con lui, qualsiasi cosa accadesse, mi difendeva. Quando sbagliavo, invece, si arrabbiava da morire. Lui odia perdere, anche in allenamento. Giocavamo in coppia, mi arriva una palla sul secondo palo e Padelli me la para. Rom si gira e mi caccia un urlo pazzesco, cerco di difendermi spiegando che ho sbagliato un gol, non è morto nessuno. Non lo avessi mai fatto. Mi fulminò con lo sguardo. Se mi avvicinavo un altro po’, probabilmente mi smontava. Resta il fatto che era un periodo in cui di partitelle ne vinceva poche. Quando accadeva, all’Inter ci prendevamo spesso in giro, facendoci scherzi. A lui, nello spogliatoio, appiccicarono sopra al nome Lukaku sull’armadietto la scritta: loser. Perdente. Non ho mai visto un pugno più forte di quello che tirò quel giorno contro l’armadietto. Era il numero uno”.
E per quanto riguarda Antonio Conte… “Ha influito molto sulla mia mentalità. Un allenatore fenomenale. Se gli anni nella Prima Squadra dell’Inter sono stati indimenticabili, il merito è stato anche suo. Il gruppo era stupendo, la società anche. Tutto era armonioso. La sua capacità di entrarci nella testa è stata decisiva. Quella full immersion nel calcio dei grandi mi ha regalato momenti di gloria. Il mio sogno nella mia Inter. Faccio l’Europa, esordisco e segno in Serie A battendo tutti i record. E dopo il primo gol, mentre esulto, trovo mia mamma a bordocampo e corro ad abbracciarla. Sinceramente, ho riguardato più volte lo scatto in Champions League che la rete al Genoa, ma ogni volta ho sensazioni diverse. Come se non riuscissi a rivivere quei momenti in prima persona. Ci concentriamo molto sul futuro, spesso perdendo di vista il presente. È qui che si gioca la nostra partita. Io al futuro non ci penso. Non ho fretta”.
Già perché in Svizzera, al Basilea, non se la sta passando male: “Dopo l’Inter era iniziata una discesa. Alla SPAL mi è crollato il mondo addosso. Siamo passati velocemente da tutto a niente, affrontavo il Barcellona e ora sto a sedere in Serie B. Ho iniziato a imputarmi colpe, guardando con distacco la realtà in cui ero. Non sono mai stato uno di quelli che molla subito, però quando quello che temevo si realizzava, allora mi guardavo allo specchio e mi convincevo che non era tutta colpa mia. Sono andato avanti, passando al Venezia, e siamo stati promossi in Serie A. La festa è stata folle. Incredibile. A giugno ho ricevuto tantissime richieste, non lo nego. Serie A, Serie B, poi mi hanno raccontato che mi volevano qui. Mi ha chiamato il Direttore Sportivo, poi il Presidente, infine l’allenatore. In Italia te lo sogni. Mi hanno fatto sentire desiderato: ‘Vieni, abbiamo totale fiducia. Ma se non dimostri in campo sei fuori. Ci piacerebbe metterti trequartista nel 4-2-3-1, ti va?’. Questo è tutto quello di cui ha bisogno un giovane: stima, costanza, patti chiari, strigliate. E soprattutto hanno voluto inserire il diritto di riscatto: se l’Inter non mi controriscatterà, diventerò l’acquisto più oneroso nella storia del Basilea. Capite? Mi godo l’affetto dei tifosi. Il campionato mi piace, ci sono anche vecchie glorie come Gaël Clichy e Holger Badstuber”.