Simone Inzaghi ha un problema con i cambi? Questo l’interrogativo che si pone Michele Tossani, giornalista, scrittore, allenatore Figc e Match Analyst certificato SICS che su lagabbiadiorrico.com scrive:
“La vittoria contro il Napoli potrebbe rivelarsi fondamentale per la rincorsa al secondo scudetto consecutivo da parte dell’Inter. Quello contro i partenopei è stato non solo un successo importante ai fini della classifica (i nerazzurri hanno accorciato le distanze dalla vetta, complice anche la caduta del Milan a Firenze) ma ha anche rappresentato il primo successo dell’Inter in uno scontro diretto.
Tuttavia, ancora una volta a finire sotto la lente d’ingrandimento è stata la gestione dei cambi da parte di Inzaghi.
Contro un Napoli privo dell’infortunato Osimhen, nel secondo tempo l’Inter ha abbassato notevolmente il proprio baricentro (48,72m quello medio, cioè 5.96m in meno rispetto alla prima frazione) favorendo il tentativo di rimonta ospite.
In questo senso, il gol del momentaneo 3-1 realizzato da Lautaro nasce da un’errata gestione della transizione negativa di un Napoli in superiorità numerica e dalla straordinaria risalita del campo posta in essere dallo specialista Correa più che da una solida gestione della fase difensiva da parte interista.
Abbassandosi infatti i nerazzurri non hanno intasato gli spazi della compagine di Spalletti, riducendone le potenzialità offensive ma si sono invece consegnati alla manovra di una squadra che il tecnico partenopeo aveva modificato passando ad un 4-2-3-1 più efficace grazie agli ingressi di Mertens e Elmas al posto degli evanescenti Insigne e Lozano.
Contemporaneamente a queste sostituzioni, Inzaghi andava ad effettuarne altre due (dopo quelle che avevano visto entrare Dzeko per Correa e Vidal per Çalhanoğlu) mandando sul terreno di gioco Gagliardini e Dimarco al posto di Lautaro Martínez e Barella.
L’effetto dei rispettivi cambi ha finito per modificare l’assetto della partita, consentendo al Napoli di rendersi più pericoloso dalle parti di Handanovič. Tanto è vero che gli uomini di Spalletti, che avevano tirato soltanto tre volte nei primi 75 minuti della partita, hanno effettuato 4 conclusioni nell’ultima parte di gara.
Problematiche simili, come detto, si erano notate anche durante gli altri altri scontri diretti. Contro la Juve ad esempio l’ingresso di Gagliardini al posto di Çalhanoğlu e l’atteggiamento più prudente avevano contribuito ad abbassare la squadra (-8.66m il baricentro medio fra primo e secondo tempo) favorendo la risalita del campo da parte della squadra di Allegri.
Anche contro il Milan (nel finale di partita) e con la Lazio la squadra di Inzaghi ha via via concesso campo finendo per perdere i vantaggi acquisiti nella prima parte di gara.
A queste obiezioni si può rispondere che molto spesso, se gli attaccanti nerazzurri avessero capitalizzato le occasioni avute nei primi periodi di gioco, gli avversari avrebbero fatto più fatica a rimontare o che Inzaghi non ha a disposizione una rosa così profonda da permettergli di incidere più positivamente con le sostituzioni.
Se il primo punto può essere accettabile sul secondo invece bisogna far notare come l’Inter, pur avendo perso in qualità con le partenze di Lukaku e Hakimi (e lo stop di Eriksen), ha comunque guadagnato in profondità aggiungendo ai sostituti dei due partenti (Dzeko e Dumfries) anche i recuperati Vidal e Alexis Sánchez e il neoacquisto Çalhanoğlu.
Inzaghi è stato bravissimo a non cambiare troppo rispetto alla squadra che aveva vinto il campionato con Conte e a inserire i nuovi nel modello di gioco. Ma il lavoro da fare è ancora tanto: l’Inter tende ad abbassarsi troppo nei momenti cruciali degli scontri di vertice e, in generale, concede troppo. A queste due problematicità non sembrano estranee le decisioni che il tecnico prende dalla panchina a partita in corso. Un punto, quest’ultimo, sul quale ci si aspetta un passo in avanti nel corso della stagione.
(FONTE: LAGABBIADIORRICO.COM)