Partiamo da un presupposto. Anzi, da due. Il primo: il Real Madrid è una squadra più forte dell’Inter. Lo è per qualità tecnica, esperienza, mentalità: provare a vincere al Bernabeu non significava avere il dovere di farlo, perché se affronti una squadra superiore a casa sua è giusto tentare l’impresa, tutt’altro conto centrarla. Il secondo: per 135 minuti (i due tempi di San Siro, il primo di ieri), la squadra di Inzaghi non ha demeritato al cospetto degli avversari, anzi. Ed è da qui che bisogna ripartire. Nel secondo tempo, anche prima dell’espulsione di Barella e dopo il tentativo sotto porta fallito malamente dallo stesso centrocampista, il Real era entrato in fase di controllo della partita, legittimando la propria superiorità sulla carta.
Il confronto del Bernabeu ha dimostrato che l’Inter è una squadra che sta bene, funziona, può tentare di giocarsela con avversari più forti, ma alla lunga probabilmente uscirà sconfitta. È questa sensazione che condensa il netto gap fra i nerazzurri e le big europee. Detto che è impossibile annullarlo, in vista degli ottavi l’Inter – che molto probabilmente troverà sul suo cammino un’altra squadra d’élite – deve almeno provare ad accorciarlo. Come?
Il divario era ben riscontrabile nei momenti in cui il Real decideva di accelerare e mettere alle corde i nerazzurri, colpevoli però di non aver concretizzato le occasioni presentatesi, esattamente come all’andata. I tiri di Brozovic, quello di Perisic murato, Lautaro al volo, Dzeko anch’esso neutralizzato. E poi, dall’altra parte, il Real colpisce alla prima vera occasione, con un tiro da fuori area di un campione come Toni Kroos. Sullo stesso copione si è aperto il secondo tempo, con la sopracitata enorme occasione divorata da Barella. La frustrazione, in un contesto del genere, può naturalmente affiorare. C’è da dire però che, sui due gol dei Blancos, troppa libertà è stata concessa a due specialisti del tiro dalla distanza: Barella non può apparecchiare una conclusione così comoda al tedesco, Dimarco deve stringere di più sul temibile mancino di Asensio.
L’Inter è stata aggressiva a lungo, certo, e nel primo tempo ha fatto decisamente la partita. Ma la squadra di Ancelotti si è dimostrata navigata nel comprendere i momenti del match e più cattiva in fase difensiva, quando c’era da chiudere con decisione sui (tanti) tentativi nerazzurri. Altrettanto aggressivi i nerazzurri non sono stati sugli attacchi avversari, scegliendo una difesa posizionale spesso mal eseguita, se questo significa concedere libertà di calciare a giocatori del genere. Non è un caso che, fra questa e la stagione scorsa, l’Inter abbia affrontato per quattro volte il Real, rimediando altrettante sconfitte. Per questo diciamo che il discorso del “meritavamo di più…” ci sta fino a un certo punto.
La squadra di Inzaghi, nei suoi uomini più importanti, annovera certamente Bastoni, Barella e Lautaro. Si tratta dei tre giocatori che recentemente hanno firmato i rinnovi di contratto: sono giovani e devono essere il punto di riferimento per il futuro. Se il difensore ha dimostrato di essere completamente a suo agio anche in palcoscenici così rilevanti, il centrocampista e l’attaccante hanno fallito la prestazione. Sono tre i gravi errori di Barella, due dei quali sono stati già elencati: la disattenzione sul gol di Kroos, l’errore sul possibile 1-1 e, per chiudere una brutta serata, anche la reazione su Militao che probabilmente gli costerà andata e ritorno degli ottavi di finale, provocando dunque alla squadra un irreparabile danno.
In molti hanno parlato di punizioni da infliggere a Barella, ma pensiamo che non ce ne sia alcun bisogno: la punizione più grande sarà inflitta dal referto. Non disputare le prime sfide della carriera ad eliminazione diretta nella Champions League sarà un tarlo che sicuramente non farà dimenticare al sardo la clamorosa ingenuità commessa. Mai come stavolta, insomma, al caso si addice quello che molto spesso viene utilizzato come luogo comune: “Gli servirà da lezione”. Inzaghi lo ha detto anche dopo la partita. Siamo sicuri che Barella, per qualità indiscutibile ed età, giocherà tantissime partite decisive in Champions League nella sua carriera: Nicolò dovrà fare tesoro di questa serata da incubo, completare il processo di maturazione ed essere capace di prendere per mano l’Inter senza farsi divorare dalla frustrazione e dal nervosismo, specialmente se davvero dovesse diventare il capitano per la prossima stagione.
Un altro giovane che ha vistosamente steccato è Lautaro, che in questa edizione della Champions non ha siglato alcun gol: il Toro deve crescere e tanto, deve essere più consapevole dei propri mezzi, deve assumere un atteggiamento da leader che in campionato spesso dimostra. Ma la Champions, ormai lo abbiamo imparato, in questa fase storica è un’altra cosa. A differenza di Barella, il numero 10 nerazzurro avrà la possibilità (facendo i dovuti scongiuri) di disputare gli ottavi di finale. Sarà una grande occasione per cambiare la sua avventura europea, nella quale ad oggi dobbiamo constatare un’involuzione, se pensiamo che – nelle due stagioni passate – è stato in grado di segnare a Barcellona prima e Madrid poi.
In definitiva sì, è possibile accorciare il divario. È possibile perché si può migliorare l’efficacia sotto porta, perché si possono evitare inutili falli di reazione (chissà, magari in parità numerica l’Inter avrebbe potuto pareggiare), perché ogni partita europea – specialmente per calciatori giovani – è occasione di crescita, di miglioramento, di apprendimento. In una parola, di assorbire un po’ di quell’esperienza che spesso – in contesti simili – decide gli esiti delle partite. Ciò che non si può fare è stravolgere una rosa e pensare che i vari Vecino e Gagliardini possano avere un impatto anche lontanamente paragonabile a quello dei vari Asensio o Hazard. Per quello servono gli investimenti. In Italia si può pensare di rimanere competitivi anche con un saldo attivo di mercato record: lo stiamo vedendo, l’Inter è in piena corsa per il titolo. In Europa, però, le possibilità di vincere passano imprescindibilmente dall’acquisto di calciatori forti, di qualità, in grado di determinare davvero l’andamento delle partite.
Inzaghi, in questo senso, non ci può fare un bel niente. Ciò che può fare è continuare a favorire la crescita questa squadra, assumere insieme a lei consapevolezza di essere validi, elevare l’autostima. Anche quello è un ingrediente fondamentale, in serate del genere. L’Inter, però, agli ottavi di finale partirà con tutta probabilità da sfavorita. Questo è un fatto, non è casuale: una cosa è lo status storico di un club – e allora la Beneamata dovrebbe stare sempre fra le migliori in Europa – un altro è il momento attuale, nel quale esiste un divario netto con le grandi del continente. Ciò che chiediamo ai nostri ragazzi, in vista delle due partite di febbraio, è di renderci semplicemente orgogliosi. Sarà il loro unico obbligo.