Battaglia ci si attendeva, battaglia è stata. Che le partite contro le squadre di Juric non possano mai essere sfavillanti era risaputo: l’Inter ieri non poteva essere spettacolare. Lo impediva la disposizione tattica degli avversari, che hanno fatto del pressing alto ed asfissiante, dell’uomo contro uomo il tratto distintivo di una partita nella quale bisognava sporcarsi mani, testa, piedi per portare a casa tre punti straordinariamente importanti.
Sono quelli che permettono ai nerazzurri di accomodarsi a tavola per pranzi, cene e cenoni con tutto l’orgoglio di questo mondo per un anno – il 2021 – che si è rivelato meraviglioso per la Beneamata. È quello che l’ha vista riprendersi il trono d’Italia undici anni dopo, poi essere protagonista di un’estate sofferta senza perdersi d’animo, ritrovando le proprie certezze e tornando ancora al primo posto in quel di dicembre. Come prima, più di prima. Perché questa squadra ha abituato i propri tifosi a prestazioni scintillanti, veniva da 19 gol segnati nelle sei partite precedenti, è il più delle volte bellissima da vedere.
Ieri è stata capace di cambiare pelle, di adattarsi alla partita, di comprenderne i momenti e punire l’avversario in contropiede, con la terza rete nelle ultime quattro di campionato di Denzel Dumfries, sempre più calato nei meccanismi di squadra, sempre più protagonista, con un’autostima che cresce di partita in partita. Poi il gruppo di Simone Inzaghi si è abbassato intelligentemente, accettando l’uomo contro uomo, i duelli individuali con la sicurezza di vincerli. E il più delle volte lo ha fatto, affidandosi a lunghe fasi di difesa posizionale e contando sugli anticipi di Vidal, sul solito sacrificio di Perisic, sul moto perpetuo di Brozovic, sulla garanzia rappresentata dal terzetto difensivo, sulle sponde di Dzeko.
Ma attenzione: soffrire – da tifosi – non significa che la squadra abbia vinto immeritatamente o sia stata graziata dal caso e dalla fortuna. L’Inter ha concesso praticamente niente al Torino: l’unica vera parata di Handanovic è quella sul calcio di punizione di Lukic, probabilmente destinato a terminare fuori dallo specchio. Questa squadra ha legittimato i propri numeri difensivi: sesto clean sheet consecutivo, superati i 500 minuti di imbattibilità del capitano, l’ultimo gol subito in campionato resta quello di Mertens, il 21 novembre scorso. La solidità è tornata una caratteristica preponderante di questa squadra, come l’anno scorso. Se dall’altra parte c’è un attacco atomico sul quale contare (38 partite consecutive con gol in campionato), da 104 gol in un anno solare, risulta tutto più facile.
E allora ben venga il ritorno dell’1-0 (quest’anno tale punteggio non si era mai verificato), perché – la filastrocca è nota – “gli Scudetti si vincono anche così”. Ebbene, non è un luogo comune: gli interisti lo sanno bene, il ricordo è fresco, basti pensare alle vittorie di misura ottenute nel girone di ritorno dello scorso anno. Non si può pensare di essere sempre scintillanti, anche perché il gruppo era arrivato al culmine di un mega-ciclo cominciato ad agosto e coinciso con Serie A, Champions League, Nazionali. Adesso i ragazzi meritano di riposare, per i risultati raggiunti e per gli impegni che attendono i nerazzurri: l’inizio di 2022 sarà infuocato, ormai è noto. Ma la sensazione è che questa Inter sia abbastanza matura per affrontare ogni ostacolo di questo torneo.
Di certo poteva esistere un Natale sportivamente peggiore. Questo l’Inter lo trascorrerà davanti a tutti, a +4 sul Milan, +7 sul Napoli e +8 sull’Atalanta. Non c’è male.
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