Calcio nel caos, serve cabina di regia Asl-Lega. E il modello non è la Premier


La speranza di non ritrovarsi più in situazioni surreali c’era, ma il calcio è nuovamente alle prese con il caos. Per l’ennesima volta bisogna registrare l’assenza di uniformità nelle decisioni assunte dalle varie Asl territoriali: perché il Napoli, in una situazione drammatica a livello di contagi, può intraprendere un viaggio per Torino ed il Bologna non può scendere in campo contro l’Inter? Bella domanda, ma si tratta di un problema da porsi a monte, non a valle.

Stiamo assistendo allo scontro fra Lega e Asl: da una parte un protocollo, dall’altra disposizioni in tema sanitario. Gerarchicamente sono le seconde a prevalere, ed è per questo che Bologna-Inter (e le altre tre partite di oggi) si risolverà inizialmente con un 3-0 a tavolino per i nerazzurri. Poi, in seguito ai ricorsi, verrà predisposto l’annullamento dell’esito e l’ordine di giocare la partita nella prima data utile.

Ci troviamo nuovamente di fronte al solito impasse: venirne a capo sembra una missione impossibile. La Lega può stilare tutti i protocolli di questo mondo (un altro è in arrivo, nel quale verrà disposto che le squadre – se contano 13 giocatori disponibili anche attingendo alle Primavere – sono obbligate a scendere in capo), ma nel momento in cui intervengono le Asl vanno a farsi cortesemente benedire. Qual è la soluzione, allora?

Cabina di regia

L’unica via d’uscita è rappresentata da un vero e proprio tavolo tecnico nel quale Lega e Asl, di concerto, mettano a punto disposizioni specifiche con le quali regolare casistiche simili, utilizzando criteri oggettivi che possano silenziare qualsivoglia recriminazione da parte delle squadre coinvolte. E quella che finora è rimasta solo una proposta, ovvero la possibilità di predisporre un membro del Ministero della Salute come interlocutore fisso di Lega e Figc, deve necessariamente diventare realtà.

Fino a quando Asl e Lega rappresenteranno due posizioni dicotomiche, in sede di decisione e di ricorsi, lo scenario è destinato a rimanere di stallo totale. Si continuerà ad assistere a dinamiche surreali, come la Asl 1 di Napoli che dà il via libera a tutto il gruppo squadra per la partenza e la Asl 2 che invece blocca Zielinski, Rrahmani e Lobotka con il viaggio in corso. Si sfiora, anzi si tocca con mano la comicità.

Già, perché è facile inveire contro la Lega e contro il solito “circo all’italiana” del mondo del calcio, ma è pur vero che le stesse aziende sanitarie locali stanno contribuendo in maniera determinante a generare ulteriore confusione. E quando c’è di mezzo il calcio, poi, è facile scadere nel populismo più becero e nel solito benaltrismo: “In questo momento c’è ben altro a cui pensare!“. Come se l’industria calcistica non garantisse posti di lavoro e redditi nella norma, come se nel calcio lavorassero soltanto calciatori, allenatori, dirigenti e non magazzinieri, cuochi, addetti alla sicurezza.

Gli errori della Lega. Ma la Premier non è il modello

Questo non significa scagionare gli organismi calcistici dalle proprie responsabilità. Come detto, le disposizioni sanitarie avranno sempre il predominio sui regolamenti. E allora bisogna studiare un modo per andare avanti. Perché, con la quarta ondata in pieno abbattimento sul Paese, il rischio è di dover assistere a una quantità innumerevole di partite rinviate nelle prossime settimane. E, con un calendario folle e compresso (ma qui le responsabilità sono della FIFA e delle sue fantastiche soste nazionali, sempre più ingombranti), diventa pressoché impossibile recuperarle, in particolare per le squadre impegnate nelle coppe europee.

Tuttavia, il fatto che la Lega soltanto adesso, solo nel giorno del caos, stia stilando un nuovo protocollo nel quale coinvolgere anche le primavere, è una colpa. Sarà utile, certo: la Asl potrà continuare a bloccare le squadre locali ma si potrà in quel caso attingere alle primavere. E allora, in sede di Collegio di Garanzia Coni, le possibilità che i ricorsi vengano vinti saranno molto più basse e i 3-0 a tavolino potrebbero essere davvero riconfermati. Sembra l’unico modo per far sì che, da adesso in poi, si vada avanti nel nome del più classico dei the show must go on. Ma, ovviamente, questo principio non sarà valido per le partite che non si disputeranno oggi: quelle si giocheranno.

È sportivamente ed eticamente giusto? No, niente affatto. È l’unica strada possibile? Sì, perché continuare a rinviare le partite – specie se il Covid dovesse continuare a rimanere al nostro fianco a tempo indeterminato – non può rappresentare la soluzione. E si eviti la solita retorica e il malcelato complesso di inferiorità nei confronti della Premier League. Lasciamolo confinato all’aspetto prettamente sportivo: giocatori migliori, più disponibilità economiche, capacità manageriale più scaltra rispetto a quella nostrana. Ma sul Covid, loro, continuano a sbagliare scelte a raffica. Si tratta del campionato con il minor numero di vaccinati e, di conseguenza, del campionato con più contagiati. Ed è anche il torneo che ha rinviato più partite in assoluto: date un’occhiata alla classifica. Scorgerete squadre con tre gare da recuperare, alcune con due, altre con le partite al completo. Una graduatoria completamente folle e falsata, senza un’idea su come e quando recuperare i match in questione. Fa comodo dire “seguiamo la Premier”, spesso è pure corretto, ma questa volta proprio no. Serve creare un proprio modello e seguirlo coerentemente e costantemente.

 

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