22 giorni di attesa, trascorsi in buona parte con la soddisfazione, l’orgoglio, la serie di vittorie, il gioco spumeggiante ancora negli occhi. Ma diventati rapidamente troppi, resi estenuanti dal rinvio della partita di Bologna nel giorno della Befana. Già, perché i nerazzurri di Inzaghi – e con loro i tifosi – avrebbero tanto voluto riattaccare la spina già quattro giorni fa. È stato loro impedito in circostanze sulle quali è inutile ritornare. Ed è successo che, quel giorno, il Milan si sia imposto nettamente sulla Roma portandosi a -1 dall’Inter. I rossoneri hanno provato a mettere ulteriore pressione vincendo anche a Venezia, scatenando l’euforia dei loro tifosi, impettiti dal primato in classifica.
Il fatto che l’Inter avesse disputato due partite in meno non era un dettaglio da poco, ma è impossibile negare che vedere i rivali cittadini in vetta abbia fatto affiorare un minimo di preoccupazione nei tifosi, acuita da uno stop di tre settimane e dalle solite incognite che si manifestano alla vigilia del ritorno in campo dopo la sosta natalizia. Specialmente quando tutto, prima, stava andando per il meglio. L’avversario d’occasione non era esattamente dei più semplici: quella Lazio che contro l’Inter sfodera sempre prestazioni di alto livello, quella Lazio unica squadra a battere i campioni d’Italia in questo campionato, quella Lazio che – per Simone Inzaghi – non rappresenterà mai una rivale come le altre. Si ripartiva con una grande partita, insomma.
Via le incognite
La Beneamata non ha tradito, spazzando via le incognite e confermando – prima che il gioco, sempre gradevole – la sua enorme voglia di vincere, ben rappresentata dal sacrificio e dalle corse collettive, dalla capacità di stringere i denti e soffrire (come successo nell’ultima prima di Natale, con il Torino) e di protendersi, con ogni singola goccia di sudore, verso l’obiettivo principe: i tre punti. Quelli che riportano l’Inter in testa alla classifica e rimuovono l’innegabile fastidio di essersi ritrovati secondi senza giocare, senza macchiarsi di demerito alcuno (se non quello di essere l’unico club ad aver garantito la terza dose a tutti i suoi giocatori, ma avevamo detto di lasciar perdere…).
La mentalità di questa Inter, lo spirito di questo gruppo è condensato dalla prova di Roberto Gagliardini, meritevole di un grosso plauso. Chiamato in causa per sostituire lo squalificato (e incontenibile, prima della sosta) Calhanoglu e preferito a Vidal facendo storcere il naso a molti, ha disputato un’ottima prova contro uno dei clienti più scomodi del centrocampo in Italia: Milinkovic-Savic. Se in molte occasioni il buon Roberto aveva sofferto atrocemente il serbo, questa volta ha invece avuto la meglio. Simone Inzaghi si è detto orgoglioso del fatto che, anche i giocatori impiegati meno, si rivelino puntualmente fra i migliori in campo, come accaduto a Vidal contro il Torino.
In attacco c’è un Sanchez che – ormai superfluo rimarcarlo – quando sta bene è un giocatore eccezionale, di altra categoria. Se Lautaro, dopo il gol annullato, appare avulso dalla manovra, ci pensano i difensori. Proprio coloro che (in particolare Skriniar e De Vrij, insieme ad Handanovic) sul gol dell’1-1 sono responsabili di un’inopinata disattenzione. Poco prima l’enorme Bastoni aveva siglato la rete del vantaggio, costituendo i prodromi di una prova eccezionale in entrambe le fasi. E, per riportarsi in vantaggio, impreziosisce la sua prova con un cross al bacio verso l’altro “braccetto”, Skriniar. La forza con cui colpisce di testa è quella di tutti noi: di rabbia, d’orgoglio, per scaricare tutta la tensione degli ultimi giorni.
I finti furbi…
Eppure ci avevano provato a caricare l’Inter di ulteriore pressione. Lo avevano fatto dichiarando rispettivamente: “A parte l’Inter, le altre si giocano un posto Champions” e “l’Inter è nettamente favorita”. Questi signori si chiamano rispettivamente Massimiliano Allegri e Stefano Pioli: i tecnici di Juventus e Milan si sono dati manforte, si sono spalleggiati, prima che l’Inter esordisse nel 2022.
Potrebbe essere sincerità o semplice furbizia, ma questi due signori sono gli stessi che a inizio stagione dicevano rispettivamente: “Dobbiamo fare le cose con calma per arrivare a fine stagione al primo posto” e “Non vedo squadre più forti del Milan. Senza gli infortuni l’anno scorso avremmo vinto lo scudetto”. E allora, di furbo c’è ben poco. C’è semplicemente l’evidenza di un antico giochino: il più banale degli scaricabarile. Tuttavia, se le pressioni vengono scaricate su chi in estate ha fatto registrare il saldo attivo di mercato più alto della storia del calcio, suona anche fuori luogo e un tantino ridicolo. E lo è, in particolare, tenendo conto del fatto che parliamo rispettivamente dell’allenatore più pagato d’Italia e di chi, in estate, ha speso più delle dirette concorrenti. Tutto normale, però: il primo è il tecnico che sfiderà l’Inter fra due giorni, il secondo è quello che – contro i nerazzurri – si giocherà presumibilmente lo Scudetto fino alla fine.
La Beneamata, probabilmente, si è alimentata anche di questi giochetti per garantirsi un carico aggiuntivo di motivazioni, per dimostrare che non basteranno le gufate e i mind games di basso livello a scalfirla. Il gruppo di Inzaghi è forte psicologicamente prima che tecnicamente e tatticamente. Contro la Lazio lo ha dimostrato ancora una volta. Servirà ribadirlo, in particolare, nei primi due mesi di questo 2022, quando l’Inter andrà incontro a un calendario disumano. La sensazione, ben tangibile, è che questa squadra sia pronta per affrontarlo.
Doveroso chiosare con le parole pronunciate ieri da Simone Inzaghi, nelle quali è semplice riscontrare un riferimento neppure troppo velato ai due signori citati in precedenza: “Gli altri allenatori insistono nel dire che siamo la favorita? Il 22 ottobre eravamo a 7 punti da due squadre e lo sentivo dire molto meno. Ora lo dicono di nuovo, merito dei ragazzi. Dopo Lazio-Inter però non sentivo dire che potevamo buttarlo via solo noi”.
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