L’Inter vinceva in campionato dal 21 novembre. Lo ha fatto per otto partite consecutive. In mezzo, ha centrato gli ottavi di finale di Champions League e vinto una Supercoppa Italiana contro la Juventus. Bene ricordarlo, prima di trasformare in dramma o trascinarsi in isterie per il pareggio di ieri sera a Bergamo, contro una delle squadre più forti della Serie A, al termine di una settimana sfiancante. Vero, l’Atalanta contava molte assenze e la vittoria era alla portata (e d’altronde i ragazzi di Inzaghi ci sono andati molto vicini, soprattutto nel finale), ma l’Inter arrivava da due partite parecchio dispendiose dal punto di vista fisico e mentale, contro Lazio e Juventus.
La Beneamata ha trovato molte difficoltà nell’uscita dal basso, non riuscendo a proiettarsi nella metà campo avversaria con la consueta facilità, efficacia e bellezza estetica. Anzi, nel primo tempo non ci è riuscita quasi mai, ed il copione è stato ripetitivo: Inter a costruire, Atalanta a pressare, costruzione interrotta, si ricomincia. Le squadre si sono annullate a vicenda. Poi, nella ripresa, si è aperto qualche spazio in più e le occasioni sono arrivate da una parte e dall’altra: quelle di Sanchez, Pessina e Muriel sono state sventate da interventi straordinari dei portieri. È stata la loro serata, quella di Handanovic e Musso: il capitano dell’Inter ha tenuto il risultato sullo 0-0 rimediando a brutti errori di Brozovic e Bastoni, due che sbagliano poco ma anche due che – mercoledì – avevano giocato 120 minuti. Non è un caso. Dall’altra parte, l’argentino accostato spesso e volentieri alla Beneamata, proprio come erede di Handanovic, è risultato prodigioso su Sanchez.
Già, proprio quel Sanchez dal quale ci si aspettava di più dopo l’enorme carico di adrenalina della Supercoppa. L’Inter è stata tradita dai suoi attaccanti: vero che non ha messo in piedi la solita mole di gioco, ma in partite così tirate bisogna essere in grado di capitalizzare le poche occasioni create. Non lo ha fatto neppure con Dzeko, poco lucido nel primo tempo quando ha tentato la (brutta) conclusione personale anziché servire Darmian, altamente impreciso nei colpi di testa, specie in occasione della bella sponda di Dumfries. I cambi non hanno sortito gli effetti sperati: Correa non è entrato bene in partita, mentre a Lautaro sono stati concessi 10 minuti (probabilmente non stava benissimo) nei quali non ha potuto incidere a sufficienza. All’89’, poi, stava per concretizzarsi il solito, dolce scenario, quello in cui D’Ambrosio – nel momento del bisogno – ci mette il suo zampino e regala all’Inter i tre punti. Stavolta, però, anche lui ha peccato di cinismo, sprecando un meraviglioso assist di tacco fornito da Barella. E così i campioni d’Italia hanno interrotto la loro serie di 39 partite in cui hanno sempre segnato. Non succedeva dal 23 gennaio 2021, a Udine. Praticamente un anno fa. Un anno di gol.
“Sorpasso” Milan: giusto il fastidio, ma…
È giusto che il sentimento – dopo questa partita – degli interisti, dei calciatori e dello staff tecnico non sia esattamente il più idilliaco. Un pizzico di rabbia e un bel carico di fastidio deve esserci: anche se hai vinto otto partite consecutive, anche se hai appena sollevato un trofeo con un gol al 120′. È il classico di una grande squadra, guai se fosse il contrario: quando non si vince, si deve rosicare. Sempre. Vedere il Milan davanti, molto probabilmente, stasera alle 20:30, dovrà caricare ulteriormente i ragazzi di Inzaghi. Che però non dovranno perdere lucidità: rimane la consapevolezza di essere potenzialmente a +2 visto che, anche se in molti ormai l’hanno dimenticato, c’è ancora un Bologna-Inter da giocare. Chissà quando, chissà come, ma c’è, ve lo assicuriamo. Ed è per questo che il sorpasso del Milan di oggi non sarà tale a tutti gli effetti, nonostante domani i titoloni faranno ampio ricorso a quella parola.
Sapevamo che il calendario dei nerazzurri, fra gennaio e febbraio, sarebbe stato molto ostico: fisiologico perdere qualche punto, altrettanto fisiologico pareggiare a Bergamo in queste circostanze. E anche se non ci fosse stato il jolly recupero, l’eventuale +1 in classifica del Milan non sarebbe stato un dramma: siamo a metà gennaio, la corsa è ancora lontana dal conoscere l’epilogo. Adesso la Coppa Italia: nella gara con l’Empoli bisognerà per forze di cose ricorrere al turnover, pur con la consapevolezza che si tratti di una gara fondamentale. Perché questa Inter non vuole sacrificare nessuna competizione. È un altro sintomo da grande squadra.
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