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L’ANALISI – Le sconfitte vanno comprese. Anche se avevamo dimenticato che effetto fa…

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Stava andando tutto per il meglio: il modo in cui Inzaghi l’ha preparata, il modo in cui i nerazzurri in campo l’hanno interpretata, il modo in cui hanno manifestato la propria superiorità per 75 minuti. L’Inter, però, ha commesso l’errore più sanguinoso e potenzialmente devastante: lasciare in vita gli avversari in un derby. Già, perché l’1-0 con cui si è arrivati a un quarto d’ora dal termine della partita non era un risultato accettabile, constatata la differenza di valori in campo fino a quel momento.

In quei maledetti 15 minuti finali, poi, l’Inter è riuscita a compensare – in negativo – quanto di buono aveva fatto prima. Come? Sbagliando praticamente tutto, con tutti. Ha sbagliato l’intera squadra dimostrandosi a tratti presuntuosa, eccessivamente convinta di aver già vinto una partita che vinta non lo era affatto, diventando leziosa e perdendo in cattiveria. Ha sbagliato De Vrij in marcatura su Giroud: adesso gli errori si cumulano e cominciano a diventar tanti. Stefan è il primo ad esserne consapevole e rammaricato, siamo sicuri, ma adesso serve cambiare marcia. Ha sbagliato Handanovic sul secondo gol del francese: la conclusione non era particolarmente potente, anzi piuttosto centrale e sicuramente “parabile”. Non lo ha fatto il capitano dell’Inter, tradendo la sua squadra nel momento più duro e surreale. Cosa che non ha fatto Maignan: nel primo tempo difficilissimo vissuto dal Milan, messo alle corde dalla squadra di Inzaghi, ha garantito la sopravvivenza ai rossoneri con una serie di interventi prodigiosi, mantenendo la partita in equilibrio. I portieri hanno un’incidenza enorme, soprattutto nei big match.

Ha sbagliato Simone Inzaghi nella gestione di alcuni cambi: normale che Perisic e Lautaro (reduce dal viaggio intercontinentale) vengano sostituiti da Dimarco e Sanchez. I due non sono entrati affatto bene. Discutibile, invece, la decisione di sostituire Calhanoglu con Vidal: sappiamo tutti che il tecnico piacentino annulla quasi sistematicamente la possibilità di rimanere in inferiorità numerica tramite i cambi, ma passare dal turco – che fino a quel momento aveva garantito qualità, corsa, sostanza – a un Vidal che ce la mette tutta ma ha pur sempre 34 anni, significa quasi fare un altro sport. All’interno di un match che si sviluppava su ritmi altissimi, perdere di fatto un uomo a centrocampo è risultato esiziale. Cambiare Brozovic per Vecino, poi, ha privato l’Inter del suo cervello e di tanta lucidità: la frenesia finale cui si è andati incontro nel finale, con Dimarco a fare (male) il regista improvvisato, non è un caso. Checché ne dicano i finti espertoni, l’Inter non ha questa grande rosa della quale ci si riempie (a convenienza) la bocca: l’undici titolare è forte, molto forte. Il livello delle riserve, però, è quel che è. Il fatto che la prima scelta in panchina a centrocampo sia proprio Vidal, che grande giocatore lo è stato, sta lì a testimoniarlo.

Comprendere la sconfitta. Come ad ottobre

L’Inter ha perso la sua seconda partita in campionato ed è giusto che tutti, nell’ambiente nerazzurro, avvertano rabbia, frustrazione, collera e chi più ne ha più ne metta. Perché ogni ko deve essere vissuto malissimo, da tutti. Figuriamoci se arriva contro il Milan. Guai se non succedesse. Da domani, però, i calciatori – insieme a Simone Inzaghi e al suo staff – dovranno essere capaci di razionalizzare, comprendere ed analizzare la partita: cosa è successo in quei 15 minuti, cosa poteva essere fatto meglio prima, perché l’epilogo è stato il peggiore possibile.

Proprio quello che è successo lo scorso 16 ottobre, quando il copione della partita contro la Lazio fu simile: dominio per larghi tratti, incongruenza fra occasioni create e gol fatti, rimonta degli avversari e crollo psicologico nel finale. Ieri come all’Olimpico quattro mesi e dieci giorni fa, c’è stato un episodio che più degli altri ha provocato nervosismo: lì era stato il gol laziale con Dimarco a terra, ieri il mancato fischio per il fallo di Giroud su Sanchez. L’Inter, però, non può essere così fragile. Deve essere in grado di padroneggiare gli eventi avversi e gestirli, con la mente prima che coi piedi. Da Roma in poi, da quel brutto pomeriggio in poi, i nerazzurri hanno fatto un salto di qualità, dando vita ad una grande rimonta che li ha portati in vetta alla classifica e che li ha resi in grado, per diversi mesi, di battere gli avversari prima ancora di giocarci contro. Ecco, se ogni sconfitta comporta un’evoluzione di questo tipo, sotto il segno della maturazione, accettiamo di perderla una, ogni tanto. Spesso si è parlato di quel Lazio-Inter come di uno spartiacque in positivo: ecco, facciamo sì che anche con questo terribile Inter-Milan avvenga lo stesso. Nonostante in molti sperino in una svolta nel senso opposto. È il momento di essere grandi, esserlo sul serio: se quella stella vogliamo portarla davvero a casa e aggiungerla su quella meravigliosa maglia, ripartiamo da qui.

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Published by
Simone De Stefanis