L’Inter non vince in campionato dal 22 gennaio. Un mese di frustrazione, occasioni sprecate, appellandosi dapprima alla sfortuna per nascondere sotto la sabbia i problemi strutturali della rosa, il calo fisico evidente, un atteggiamento che non può essere accettabile. O meglio, può esserlo per vivacchiare: non se vuoi alzare il trofeo più importante d’Italia a maggio. Eppure, contro il Genoa, c’erano tutti i presupposti e le circostanze favorevoli per ripartire nel migliore dei modi: un avversario impegnato a barcamenarsi nella lotta per la salvezza che ok, ha un livello motivazionale molto alto ma, se si trova in quella posizione in classifica, un motivo ci sarà. Come se non bastasse, poco prima del fischio d’inizio era arrivato l’ennesimo passo falso del Milan utile a servire su un nuovo piatto d’argento (quello precedente era stato sgretolato e frantumato contro il Sassuolo domenica scorsa) l’occasione per annullare il gap in classifica.
Nulla di tutto questo: l’Inter è sbattuta di nuovo contro i suoi limiti, il suo nervosismo, tradita da una condizione fisica evidentemente deficitaria. I nerazzurri si sono dimostrati insufficienti sotto tutti i punti di vista: tecnicamente, con ripetuti errori di misura, ma soprattutto tatticamente. La squadra di Inzaghi non riesce a trovare contromosse, prova a praticare lo stesso gioco dispendioso di mesi fa, quando però i muscoli e le energie lo supportavano. Il risultato non può che essere negativo. E così il Genoa arriva per primo sulle seconde palle, vince numerosi contrasti, si rende addirittura più volte pericoloso sfruttando le disattenzioni difensive che vengono perpetuate nonostante i campanelli d’allarme risuonati contro il Sassuolo, oltre a una irritante leziosità che stona – e parecchio – con il delicatissimo momento stagionale.
Attacco sempre più flop, ma non solo…
E poi c’è la nota che duole di più: l’attacco. I numeri, da preoccupanti, sono diventati impietosi: l’Inter adesso non segna da tre partite consecutive considerando Serie A e Champions (Liverpool, Sassuolo, Genoa); nel girone di ritorno ha messo insieme la miseria di 6 gol in 7 partite, nonostante i circa 120 tiri effettuati. Parlare di sfortuna, però, risulta riduttivo, capzioso, tendenzioso: il contesto non è più consono alla ricerca di alibi, il problema è comprovato, urge trovare delle contromosse. Vero, le lacune di rosa sono evidenti: l’assenza di Correa pesa, così come il digiuno di Lautaro (lasciarlo in panchina, ma soprattutto attendere 72 minuti prima di farlo entrare, è stata davvero la mossa giusta?), l’età di Dzeko, la discontinuità cronica di Sanchez, ancora una volta deludente dal primo minuto. Inzaghi non può fare miracoli, certo, ma può intervenire sull’aspetto mentale.
A Marassi si è vista – di nuovo – una squadra nervosa, vistosamente involuta. Le prove dei singoli sono lo specchio del calo fisico e mentale: Barella ha disputato la sua peggior partita con la maglia dell’Inter, per esempio. Non esattamente un comprimario, non esattamente il centrocampista del quale l’Inter può serenamente fare a meno. Al tempo stesso, Dumfries dà l’impressione di fornire il meglio quando la squadra gira al massimo e di non avere i mezzi per trascinarla nei momenti difficili, mentre Perisic – purtroppo – ci ha fatto ricordare che ha 33 anni e non può essere sempre al top. Insomma, non di solo attacco vive la crisi dell’Inter. Il calo è generalizzato, si estende ai singoli e alle altre zone del campo, come il centrocampo che non fa più da filtro in fase difensiva e non supporta più come prima le sortite offensive.
Derby al momento giusto
Suona strano leggerlo e pure scriverlo, ma è proprio il momento adatto. Il 5 febbraio scorso, molte delle certezze nerazzurre sono state scalfite dalla sconfitta contro il Milan: sembrava un piccolo incidente di percorso, quasi una casualità. La storia, purtroppo, si è rivelata diversa: il derby è stato il prologo del calo. Senza quei cinque minuti di follia, magari, oggi racconteremmo una storia diversa e un campionato già chiuso. Da momenti del genere, però, quando non vinci da un mese e le consapevolezze sembrano venir meno, si esce spesso con una vittoria di peso che diventa spartiacque in positivo. Il mese di marzo aprirà il sipario esattamente come quello di febbraio, ovvero con il derby di Milano. Se l’Inter vuole voltare pagina, non c’è occasione simbolicamente migliore: per rialzarsi da un mese terribile, per cominciare la volata di primavera, per credere ancora di aggiungere una stella sulla maglia.
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