Paolo Condò, nel suo editoriale per La Repubblica, analizza così la situazione generale del campionato italiano: “Quando la Serie A era la Premier League del tempo — fine anni 80, inizio anni 90 — la contendibilità dello Scudetto avveniva ai livelli più alti: le squadre che alla domenica si battevano per conquistarlo avevano i mercoledì europei occupati sino a primavera inoltrata. Oggi la situazione è opposta: l’unico club italiano competitivo in Champions negli anni 2010, la Juve due volte finalista, dominava per inerzia un campionato depresso. Da qualche anno il torneo è più equilibrato, ma l’Europa dimostra che il livellamento è avvenuto verso il basso. La stessa povertà di punti dell’alta classifica attuale lo conferma: questo è il periodo della stagione nel quale affiora la stanchezza, e la soluzione di tante partite viene demandata alle giocate individuali dei campioni”.
Il giornalista prosegue: “Il problema è che i campioni sono invecchiati (Ibrahimovic) o siamo stati costretti a lasciarli andare (Ronaldo, Lukaku, Hakimi), o stiamo per salutarli (Insigne). Appena ne ha ritrovato uno con Vlahovic, la Juventus ha accelerato il passo: con cinque sconfitte nel bagaglio resta difficile immaginarla coronare la sua rimonta, ma è bastato un centravanti capace di prodezze per andare oltre tutti i discorsi su fattura del gioco e sua modernità, e riaccendere il tifo. Un anno fa, la (giustamente) criticata Juve di Pirlo aveva 8 punti più di questa, uno in più di Milan e Napoli capoliste odierne, alla stessa quota potenziale dell’Inter in caso di successo nel recupero. Basta questo dato per capire la qualità complessiva che ci siamo persi per strada“.