Sono trascorsi 115 giorni dal derby d’andata in campionato: una partita d’intensità pazzesca, nella quale l’Inter comandò le operazioni salvo calare negli ultimi 15 minuti. Solo 25 giorni fa, invece, i nerazzurri dominarono i rossoneri per tre quarti di gara, prima della maledetta doppietta di Giroud. Sono solo 14, invece, i giorni trascorsi dai 70 minuti di altissimo livello disputati dall’Inter contro una delle squadre più forti al mondo, il Liverpool di Klopp. Cosa hanno in comune questi match? Il fatto che i nerazzurri non ne abbiano vinto nessuno, certo, ma anche uno spirito, un atteggiamento, un’organizzazione di gioco estremamente convincente. Caratteristiche che, dalla sfida contro i Reds in poi, sembrano essere disperse: il triste derby di ieri sera ne è stato una fotografia. E lo 0-0 finale, con la regola dei gol trasferta ancora presente in Coppa Italia (ma perché?), rappresenta senz’altro un brutto risultato ma, d’altro canto, costringerà l’Inter a dover vincere senza fare calcoli nella gara di ritorno. Se non dovesse riuscire a battere il Milan neppure al quarto tentativo stagionale, beh, allora sarebbe giusto non andare a Roma per la finale.
Ci si aspettava un’Inter vogliosa di chiudere il cerchio di risultati negativi inaugurato proprio dal derby di campionato: nulla di tutto questo. La squadra non ce la fa fisicamente e lancia segnali negativi anche a livello mentale. Vero che la crisi nerazzurra passa anche da un calo di condizione da parte di alcuni interpreti chiave, quelli di centrocampo su tutti: Brozovic, Barella, Calhanoglu e Perisic, in particolare, appaiono sulle gambe e non riescono più ad apportare qualità e quantità nella manovra nerazzurra. Di conseguenza, l’attacco – già in crisi di suo – ne risente oltremodo ed i reparti risultano sfilacciati: in mezzo al campo non si riesce più a seguire con armonia e tempi corretti le manovre offensive. Così si arriva a numeri negativi da mettere i brividi: sono 403 minuti senza gol per la squadra di Inzaghi. Già, quella stessa squadra che nel girone d’andata aveva abituato tutti a valanghe di reti, a una pericolosità costante, ad una moltitudine di occasioni create. E allora viene da chiedersi: cosa è successo?
Dicevamo che la spirale negativa che ha coinvolto tutti gli interpreti nerazzurri non può essere ridotta a una questione fisica, seppure i precedenti delle squadre di Inzaghi nei gironi di ritorno (e in particolare nei mesi di febbraio) dicano che non può essere un caso e che, probabilmente, la risposta stia anche nella preparazione atletica. Tuttavia, quando assistiamo ad errori elementari, all’incapacità di costruire un’azione pericolosa, ad uno spirito di sacrificio smarrito, non possiamo che pensare a fattori mentali. Quando due giocatori come Barella e Brozovic non seguono i diretti avversari in fase difensiva, quando perdono palla e non li rincorrono, quando pensano a rimproverare i compagni più che alle fortune della squadra, ci si ritrova di fronte alla condensazione della crisi e si rimane esterrefatti per l’involuzione collettiva.
La sensazione è che la batosta psicologica si sia abbattuta sui giocatori dell’Inter (e forse anche sull’allenatore) in occasione del gol di Firmino nella sfida di San Siro contro il Liverpool. Vero, i segnali di calo erano già ravvisabili nel mese di gennaio – nonostante i risultati fossero ancora dalla parte dei nerazzurri – e la prima sconfitta di questo periodo angosciante è arrivata contro il Milan. Tuttavia, solo tre giorni dopo i nerazzurri sfoderarono una prestazione di qualità e rabbia contro la Roma di Mourinho, vincendo 2-0 e passando il turno; e a Napoli, nonostante un match inclinatosi subito in salita per il rigore trasformato da Insigne, i ragazzi di Inzaghi furono in grado di rialzarsi e raddrizzare gli eventi, chiudendo con un buon pareggio che nel secondo tempo poteva diventare vittoria. Dopo il Liverpool – e un’altra partita ben giocata in cui la Beneamata non fu premiata dal risultato – sono arrivate invece le prime prestazioni davvero brutte, costituendo un’escalation negativa. C’è da dire, però, che contro Sassuolo e Genoa (pur non segnando) le occasioni erano comunque sgorgate discretamente, mentre nel derby di Coppa Italia l’Inter non ha creato nulla, mostrandosi bruttissima all’interno di una partita orrenda. Con buona pace di Pioli, ieri presentatosi davanti ai microfoni con volto corrucciato perché, secondo lui, meritava il Milan: vero, i rossoneri si sono resi più pericolosi (più per errori dell’Inter, come quelli in costruzione di Handanovic, che per meriti propri), ma anche loro hanno lasciato ampiamente a desiderare, sbagliando tantissimo tecnicamente. Nulla a che vedere con la discrasia fra prestazioni e risultato avvenuta nel derby di campionato quando lì, davvero, l’Inter strameritava, come ha ricordato Inzaghi.
Adesso a San Siro arriva la Salernitana: i nerazzurri avranno l’ennesima occasione di riprendersi una vittoria che in campionato manca addirittura dal 22 gennaio, possono farlo in casa contro l’ultima in classifica, nella giornata in cui Napoli o Milan (o entrambe) perderanno sicuramente punti. Non riuscire a vincere nemmeno questa volta significherebbe una sola cosa: addio ad ogni speranza di Scudetto. Perché magari in classifica l’Inter rimarrebbe aggrappata alle zone alte, ma due non-vittorie contro Genoa e Salernitana, in un momento così difficile, garantirebbero che questa squadra non è abbastanza forte mentalmente. D’altra parte, i nerazzurri hanno ancora la penna in mano per scrivere liberamente l’ultima parte del film della propria stagione: dopo l’inizio rassicurante e le peripezie intermedie, possono rendere l’epilogo felice.