Ci eravamo chiesti se con la Juventus si fosse trattato di casualità o di segnale forte. Ebbene, la risposta dell’Inter è arrivata in maniera abbastanza immediata. Già, perché l’approccio del primo tempo contro il Verona è stato famelico e furioso: la straripante prestazione è venuta di conseguenza. La squadra di Inzaghi vista nei 45 minuti iniziali ha ricordato quella del periodo migliore, fra novembre e dicembre: per fluidità delle trame di gioco, movimenti sincronizzati, concentrazione in entrambe le fasi, sacrificio collettivo, mole di occasioni creata. I veneti, che fanno dell’uomo contro uomo la loro peculiarità fin dal biennio di Juric (il cui lavoro è stato ulteriormente arricchito dall’ottimo Tudor), sono apparsi impotenti di fronte a questa Inter.
Era la squadra che volevamo vedere, la risposta che volevamo ricevere, la prestazione alla quale volevamo assistere. L’Inter ha dimostrato che, probabilmente, le evidenti problematiche manifestatesi tra febbraio e marzo erano di natura mentale: la vittoria dello Stadium, proprio come ci auguravamo, ha finalmente sbloccato i ragazzi di Inzaghi, tornati su alti livelli anche nei singoli.
Correa, chiamato a sostituire lo squalificato Lautaro, si è reso protagonista sin dalle prime battute facendo valere il suo passo nelle ripartenze e la sua qualità negli scambi con i centrocampisti e Dzeko, anche lui più lucido del solito. Ancora una volta, l’Inter gioca una delle migliori partite senza la coppia formata dal bosniaco e da Lautaro, i quali rendono evidentemente meglio se affiancati dal Tucu o da Sanchez. Benissimo anche le mezzali, con Barella in gol e un Calhanoglu dal contributo encomiabile anche per la quantità di palle recuperate, oltre che per l’indubbia qualità. Il ritorno di De Vrij è stato molto utile soprattutto nella costruzione di gioco: peccato per l’affaticamento e speriamo che – sia per lui che per Barella – si tratti di problemi di poco conto. Ottimo, in ogni caso, anche l’impatto sulla partita di D’Ambrosio, che avrebbe meritato il gol. A proposito di difensori, Inzaghi si era preso un bel rischio scegliendo Dimarco titolare in luogo di Bastoni: beh, ha avuto palesemente ragione, vista la prova brillante del canterano nerazzurro.
E poi ci sono i due migliori in campo: Skriniar ancora una volta monumentale. Per lui la posizione non fa alcuna differenza, come dimostrato anche allo Stadium su Vlahovic: a destra nel primo tempo, al centro nel secondo, monumentale sempre. La ferocia agonistica dello slovacco deve diventare il volto dell’Inter tutta per questa volata finale, così come l’esplosività di Perisic, autore di una prova mostruosa. Il croato è stato incontenibile, firmando entrambi gli assist: il primo con un cross delizioso, il secondo con una sponda eseguita alla grande su schema provato da corner. Ivan ha vissuto un’altra partita da leader assoluto, trascinando letteralmente i compagni con il suo atletismo, le sue infinite corse, la sua mentalità da vincente. Un episodio su tutti: dopo il primo gol, si è subito catapultato da Dumfries per dargli indicazioni, tanto che l’olandese gli ha baciato prima di affermare “ok, ma adesso però esulta…“. Risposta? Un calcio nel sedere e l’urlo “torna in posizione!”.
Spettacolo assoluto, specchio dello spirito che deve pervadere l’Inter in questa corsa da brividi verso il 22 maggio, data dell’ultima giornata di campionato. Non c’è spazio e soprattutto non c’è tempo per i complimenti e le pacche sulle spalle: conta vincere, in tutti i modi, anche abbassandosi e soffrendo come allo Stadium e nel secondo tempo di ieri. Avanti, Inter: adesso sei pronta, questa è la strada!
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