Diciamocelo subito: nessuno di noi, prima della partita di Bologna, avrebbe firmato per un pareggio. E nessuno, dopo un pareggio, sarebbe stato felice: è sacrosanto che sia così. Tuttavia, alla luce della classifica, avrebbe fatto un’enorme differenza. Detto che l’Inter, per coltivare le residue speranze di titolo, è naturalmente obbligata a vincerle tutte facendo quattro su quattro, con un punto a Bologna i nerazzurri avrebbero potuto contare su un eventuale sorpasso grazie ad un pareggio del Milan. Adesso, invece, i ragazzi di Inzaghi devono sperare che il Milan sbagli clamorosamente una partita, perdendola, oppure che stecchi due volte, pareggiandone due. Ieri, insomma, l’Inter ha voltato le spalle ad un antico, ma saggio, adagio del calcio: “Se non puoi vincere, fondamentale non perdere”. Vale in generale, vale soprattutto vista la classifica nerazzurra. Ci era già successo, d’altronde, nella trasferta contro il Torino: il pareggio di Sanchez, al termine di una partita orrenda, era stato accolto quasi con indifferenza. Ma era proprio quella rete che ieri ci avrebbe consentito, con un vittoria a Bologna, di sorpassare il Milan.
E allora un quesito viene naturale: che messaggio hanno lanciato i cambi di Inzaghi? Il tecnico piacentino non è particolarmente avvezzo agli stravolgimenti di modulo, neppure a partita in corso: ieri, però, ha scelto di inserire Sanchez al posto di Barella a ben trenta minuti dalla fine, passando ad uno sperimentale 3-4-3 composto dallo stesso cileno a sinistra, da Dzeko al centro e da Lautaro nell’innaturale posizione di ala. I risultati non sono stati quelli sperati, anzi l’Inter ha perso lucidità in costruzione ed equilibrio in ripiegamento, esponendosi a qualche ripartenza di troppo (il tiro alto di Barrow, per esempio, o l’anticipo di Skriniar su Arnautovic). La squadra, dunque, è diventata sfilacciata e troppo frenetica. Il messaggio lanciato dall’allenatore forse sapeva di “perdere o pareggiare è la stessa cosa“. No, non era affatto la stessa cosa. La soluzione delle tre punte, forse, avrebbe potuto essere adottata in una fase più avanzata della gara, quando invece Inzaghi è tornato sui suoi passi sostituendo un centrocampista molto offensivo come Calhanoglu inserendo Gagliardini, depennando di fatto le conclusioni da fuori e la qualità del turco (comunque autore di una brutta prova) dalla possibile lista di soluzioni per venire a capo del rebus Bologna.
Nota a margine: non vogliamo credere al fatto che, ancora una volta, siano state le ammonizioni a determinare l’andamento della partita e i cambi di Inzaghi. Ci si giocava probabilmente la partita Scudetto, far prevalere e dominare le fobie sarebbe troppo grave per essere vero.