E’ arrivato l’annuncio da parte dell’Inter dell’ingaggio di Henrikh Mkhitaryan. Il centrocampsita armeno saluta la Roma e si unisce alla causa nerazzurra.
C’è un mondo, dentro a Henrikh Mkhitaryan. Ci sono tante lingue parlate, ci sono paesi visitati, squadre di club, compagni di squadra di nazionalità differenti, grandi allenatori. C’è il mondo, ma ci sono anche radici profonde, coperte da una malinconia ormai adulta, che da sempre lo guida, in campo e fuori.
Il primo armeno della storia dell’Inter: parte da Yerevan la storia di Henrikh, il 21 gennaio 1989. Figlio di Hamlet, professione calciatore, ruolo attaccante. Nasce in Armenia, ma cresce in Francia il piccolo Henrikh. Perché papà gioca in seconda divisione francese, segna diversi gol. La simbiosi padre-figlio si rafforza proprio nel segno del pallone ma viene spezzata dalla malattia che lascia Henrikh senza Hamlet.
Il seme del calcio è piantato e viene coltivato nella maniera più devota. A soli 13 anni Mkhitaryan vola in Brasile, a San Paolo. Si allena nelle strutture della squadra brasiliana, condivide la stanza con un ragazzo più grande di lui: è Hernanes, in una di quelle coincidenze che aggiungono una sfumatura di nerazzurro alla sua carriera.
Lavorare sulla tecnica, imparare le giocate di un calcio diverso ed estroso. E apprendere un’altra lingua. All’armeno e al francese si aggiunge il portoghese, lingua utilizzata lungamente in Ucraina, quando nello Shakhtar metà dei compagni sono brasiliani. È appunto l’Ucraina il luogo in cui Henrikh sboccia, tra Metalurg prima e soprattutto Shakhtar poi, con un altro ex nerazzurro, l’allenatore Mircea Lucescu.
Nel 2012-2013 chiude la stagione con 29 gol: il suo è un calcio diretto, senza fronzoli, utile. Facilitatore delle manovre offensive, anche finalizzatore. Il passaggio successivo è la Germania, al Borussia Dortmund, con Klopp prima, con Tuchel poi. Sistemi di gioco che lo esaltano, prima del salto in Premier League. Manchester United e Arsenal: tre stagioni, con – tra gli altri successi – una Europa League in maglia Red Devils decisa con un gol in finale.
Armenia, Francia, Brasile, Ucraina, Germania e Inghilterra. Tante tappe, prima dell’Italia. A Roma in tre stagioni colleziona 116 stagioni e 29 gol, con la vittoria della Conference League.
Dal divano della casa di Valence a Milano: il viaggio di Henrikh si arricchisce di un’altra tappa. A tinte nerazzurre, con il richiamo dell’Armenia, che ricorda le origini di un altro grande ex interista, Youri Djorkaeff.
Benvenuto, Henrikh!