Dopo il breve stralcio di anticipazione nel quale il giocatore dichiarava di anteporre gli obiettivi di squadra a quelli individuali come la classifica marcatori, Dazn ha pubblicato l’intervista integrale a Romelu Lukaku, la prima dopo il clamoroso ritorno all’Inter dello scorso giugno: “La stagione al Chelsea mi ha dato una motivazione in più per fare ancora meglio di prima, perché in un anno tutti hanno dimenticato cosa sono capace di fare in campo. Quella è una sorta di rabbia che ho dentro di me, così come il fatto che l’Inter non abbia vinto l’anno scorso. Tutti insieme speriamo di fare meglio e portare qualcosa a casa”.
Hai detto di aver sbagliato ad andare via dall’Inter. In cosa?
“In tante cose. Penso che quando sono andato via ho voluto fare questo ritorno al Chelsea perché il Chelsea era la mia squadra da 11 anni. Avevo l’opportunità di andare e pensare di essere protagonista, ma non è stato così. A marzo, quando ho saputo che c’era l’opportunità di tornare qui, all’inizio non ho detto niente ma poi a giugno abbiamo fatto un ottimo lavoro con la società per tornare. Faccio delle riflessioni solo dopo la fine della stagione e dopo l’ultima partita mi sono messo da solo a pensare quale fosse la miglior soluzione per me: l’Inter aveva fatto una bella stagione, l’annata al Chelsea per me era stata difficile. La situazione al Chelsea non sarebbe cambiata, non ho dubbi: per questo ho deciso di tornare qui”.
Che lavoro hai fatto mentalmente quando hai capito che saresti tornato?
“Di inserirmi nel miglior modo possibile nella squadra perché adesso la squadra gioca diversamente rispetto a prima. Le cose cambiano nel calcio, tutti i giocatori hanno avuto una crescita importante: per me è fondamentale inserirmi bene e capire il modulo dell’allenatore. Durante tutto l’anno ho avuto contatti con tutti i giocatori, per me è come se non me ne fossi mai andato. Ho visto che adesso i giocatori hanno ancora più voglia di vincere: ogni partitella è vita o morte, questo mi piace. Abbiamo bisogno di questo, siamo ancora più uniti di prima”.
Brozovic e Barella non te l’hanno fatta pagare?
“No, ho dovuto cantare alla cena di squadra e anche pagare, ma questo è normale…”.
Come li hai trovati? Uguali a prima?
“Meglio. Brozo è diventato ancora più leader, più aperto verso gli altri nella comunicazione: è uno che non parla tanto, anzi si lamenta tanto, ma a me piace. Barella è ancora più protagonista del centrocampo, ha fatto tanti assist l’anno scorso e credo che aver vinto tanti trofei come Europeo, Supercoppa e Coppa Italia gli abbia dato uno stimolo in più”.
Vedi l’Inter come la più forte?
“Non sono uno che parla prima della stagione così, non ha senso. Si parla alla fine, vediamo alla fine chi vince”.
Chi è stata la prima persona alla quale hai detto che saresti tornato all’Inter?
“Lautaro. Ci siamo parlati prima su Instagram perché avevo cambiato numero, poi da lì su WhatsApp ci siamo scritti tantissime volte. Lui è stato uno dei primi con cui ho parlato nella squadra, poi anche con Dimarco, Bastoni e gli altri”.
Com’è stato incontrare di nuovo Lautaro?
“Gli ho detto che deve fare ancora più gol e ci siamo detti che dobbiamo fare meglio di prima. Se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi con la squadra dobbiamo tutti fare meglio perché le altre squadre sono diventate più forti, è molto semplice. Tutto è iniziato dal primo giorno che ci siamo visti: subito ho visto che le sue qualità possono aiutarmi e viceversa. Non siamo attaccanti egoisti davanti alla porta: io so quando è il giorno di Lautaro e non il mio, quindi faccio di tutto per fargli fare gol, così vinciamo e portiamo a casa la partita. Abbiamo la stessa voglia di vincere le partite. In allenamento siamo sempre in squadre diverse perché vogliamo essere competitivi, ma nella partita se giochiamo insieme, noi sappiamo che insieme possiamo fare la differenza per la squadra. L’esultanza? Sì, rimane quella…”.
Senti pressione?
“La pressione c’è già in allenamento, c’è sempre qualcuno che provoca! Questa è la più grande pressione, il resto non mi importa, perché sono uno che ha già concentrazione su ciò che dobbiamo fare in campo. Non leggo la stampa, faccio il mio allenamento al massimo per essere pronto in vista della partita e mi interessa che vinca l’Inter”.
Sei sempre stato così o lo sei diventato dopo?
“Sono diventato così quando sono arrivato all’Inter. Arrivavo da due anni al Manchester United dove è stato difficile mentalmente e ho sofferto anche fisicamente perché non c’ero con la testa. Io devo ringraziare Conte perché, oltre a rendermi un giocatore più forte, mi ha fatto davvero crescere mentalmente dicendomi di non mollare e andare fino in fondo ogni giorno. Queste sono delle basi che restano dentro di me fino alla fine. Ma anche Inzaghi è così, sono tornato anche per quello, per lavorare con lui. Mio fratello (Jordan, ndr) ha sempre detto cose belle su di lui e in ritiro l’anno scorso ho visto delle cose per cui io potrei fare ancora meglio con lui”.
Dove saresti se non avessi incontrato l’Inter?
“Era destino giocare per l’Inter, così come all’Anderlecht quando ero piccolo e poi col Chelsea. Io sono qui, l’Inter è la squadra insieme ad Anderlecht ed Everton che mi ha dato la possibilità di diventare il giocatore che sono oggi ed è giusto da parte mia fare di tutto per l’Inter. L’amore dei tifosi a Milano verso di me e la mia famiglia, devo ringraziarli: chiedo ancora scusa per come li ho lasciati, ma dovrò parlare in campo e sperare che con le mie prestazioni l’amore possa tornare come prima”.
La tua immagine più iconica è l’urlo nel derby in un San Siro vuoto. Vuoi riprenderti il trono di Milano?
“Io vorrei riprendermi il trofeo. Non sono qui per me stesso, bensì per aiutare l’Inter a vincere lo Scudetto. Il trofeo, poi la corona…”.
(FONTE: DAZN)
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