La sconfitta dell’Inter in Champions contro il Bayern analizzata dalla Gazzetta dello Sport.
“Sarà per la paura che può metterti un carrarmato che marcia verso di te, sarà che le tossine del derby sono rimaste nei muscoli e nel cuore, ma Inzaghi ha presentato un’Inter ancora tremante contro il grande Bayern: se la differenza di valori era arcinota, era lecito aspettarsi più coraggio, almeno come reazione orgogliosa dopo la botta col Milan. E a maggior ragione vista la scossa data dall’allenatore con le esclusioni eccellenti all’inizio. Fuori tre totem nella notte più difficile: ben più dell’out di De Vrij, balbettante in questa epoca, capitan Handa che guarda da fuori l’inizio dell’era Onana ha fatto rumore. Ma forse è stato perfino più fragoroso vedere fuori per 90’ interminabili Barella: sarà stato pure svagato oltre il consentito contro il Diavolo, ma resta comunque la dinamo dei nerazzurri. La rivoluzione delle scelte non si è tradotta però in ardore in campo, anzi mai questa squadra era stata così bassa, per scelta e per necessità, dall’inizio alla fine di una partita, da quando Simone è alla guida. Il destino è stato crudele a mettere due sfide così una dietro l’altra, ma questi 5 giorni rischiano di complicare il decollo nerazzurro, dal punto di vista dell’equilibrio mentale più che nella classifica: avere 0 punti dopo aver affrontato il grande Bayern era nelle cose e anche in Serie A la vetta è pienamente raggiungibile. Semmai è decisivo, urgente, vitale ritrovare traccia dell’Inter che fu, quella che palleggiava contro ogni rivale”.
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