IL PUNTO – Inzaghi e le 221 sostituzioni in 45 partite (che non sempre sono state azzeccate)

La partita contro l’Udinese ha messo in evidenza, una volta per tutte, che Simone Inzaghi non ha un buon feeling con le sostituzioni, anzi sì.
“Da quando siede sulla panchina interista Inzaghi ha affrontato in A 45 partite e ha già toccato quota 221 sostituzioni – scrive la Gazzetta dello Sport –. Al massimo sarebbe potuto arrivare a 225: Simone, infatti, è abituato a sfruttare praticamente sempre i 5 cambi e solo tre volte si è tenuto qualche carta in mano fino al fischio finale. In due gare ha effettuato “solo” 4 cambi (l’anno passato nell’1-1 casalingo con la Juve e nello 0-2 di febbraio col Sassuolo, nel periodo più nero in cui lo scudetto scivolava dalla tasca), in una si è fermato addirittura a tre prudente sostituzioni (è successo a Napoli, risultato finale 1-1). Ma di quelle 221 sostituzioni totali, ben 43, quasi un quinto, hanno coinvolto giocatori precedente ammoniti. Lo sanno bene Calha, maggiore vittima della “legge del giallo” (otto cambi) e il collega Barella, sostituito 7 volte per non rischiare un’espulsione. Ma oltre ai cambi troppo istintivi alla mezzora, ieri hanno spiazzato
anche quelli successivi, più ponderati, nella ripresa. Come sempre non hanno portato a un cambio di spartito a concerto in corso, visto che il modulo è rimasto tale e quale: rigorosamente 3-5-2. Stavolta hanno pure aggiunto un po’ di confusione nelle posizioni: sono cambiati quattro terzetti di difesa in 90’, nell’ordine Skriniar-Acerbi-Bastoni, Skriniar-Acerbi-Dimarco, D’Ambrosio-Skriniar-Acerbi e D’Ambrosio-De Vrij-Skriniar. Lo slovacco ha rischiato il mal di mare ondeggiando da destra a sinistra. Nel dettaglio, poi, dentro un Correa etero fino all’evanescenza per il più solido Dzeko e un De Vrij declinante per Acerbi che pare avere ben altra forma. Nel totale, quattro sostituzioni su cinque a trazione difensiva, un messaggio che trasuda paura. Il contrario di ciò a cui aveva abituato la prima Inter inzaghiana che era bella e sfacciata nella sua voglia di spingersi avanti.
Qui precedenti Il lontano 5 febbraio è storia: il derby del Giroud-bis e di Calha-Perisic fatti uscire sul più bello hanno segnato la stagione passata. Il turco lo aveva fatto notare in patria beccandosi pure una multa. Qualcuno si è morso le mani per la troppa prudenza sul più bello anche ad Anfield: sullo 0-1 (ma con un uomo in meno), nel ritorno degli ottavi, si pensò più al Torino in A che a tentare l’impresa garibaldina. Uscirono Lautaro, Dumfries e Calha, 0 minuti per Dzeko. Muovendo pedine dalla panchina Simone ha spesso complicato il pane, però a volte ha pure gioito: all’alba di questa stagione ha inserito Dumfries in Salento e l’olandese ha dato la testata giusta all’ultimo secondo. Ma sulla bilancia c’è anche il recente doppio cambio Lukaku-Dumfries all’Olimpico che ha consentito alla Lazio di alzare il baricentro. E nel derby il tecnico non ha poi osato dopo lo svantaggio, anzi ha continuato nella classica sostituzione ruolo per ruolo. Col Bayern, poi, Barella non è stranamente entrato nonostante lì lì per farlo: colpa dello 0-2 bavarese. Nella svolta che il mondo Inter ora chiede all’allenatore c’è quindi la ricerca di più inventiva e ardore a gara in corso. Tra l’altro, Simone in passato ha dato prova di averne. Un esempio? L’anno scorso azzardò una quadrupla sostituzione col Sassuolo in trasferta al 59’ e la ribaltò così. Con zero prudenza e coraggio moltiplicato per quattro”.
(FONTE: GAZZETTA DELLO SPORT)

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