L’Inter si è rialzata. Non è più una speranza, né tanto meno una sensazione dovuta a segnali incoraggianti: adesso parlano dati e risultati. Nelle ultime sette partite distribuite fra Serie A e Champions League, l’Inter ha collezionato sei vittorie e un pareggio, quest’ultimo (unico pari stagionale) ottenuto a Barcellona e caratterizzato dall’inebriante profumo di successo, come testimoniato dalla qualificazione agli ottavi già centrata. La squadra di Simone Inzaghi alterna affermazioni sofferte – pensiamo proprio alla gara con il Barça a San Siro, o a quelle di Reggio Emilia e Firenze – ad altre autoritarie, condotte col piglio determinato e sereno di chi ha riacquisito certezze nei propri mezzi, come con Salernitana, Plzen e Sampdoria ieri al Meazza. Ma vince.
Si è parlato ormai abbondantemente del confronto di Appiano, per cui c’è da soffermarsi anche sulle scelte tattiche che hanno permesso all’Inter di svoltare e di mettere da parte quel bruttissimo avvio. Certo, gli scivoloni pregressi pesano tanto e la classifica ce lo ricorda brutalmente ogni settimana, ma i nerazzurri sono stati bravi a cominciare una nuova stagione, favoriti anche da una condizione fisica in netta crescita. E allora ecco sciolti i sistematici ballottaggi in ruoli chiave: la decisione netta sul portiere titolare, quella sull’esterno di sinistra, ma soprattutto il trio di centrocampo che originariamente doveva semplicemente surrogare l’assetto con Brozovic, metterci una pezza.
Che spettacolo in mezzo al campo
Quando Brozo ha rimediato il brutto infortunio muscolare nella sosta di fine settembre, tutti pensavano ad Asllani e ne invocavano la titolarità. E d’altronde, in questo senso, il mercato parlava chiaro: l’investimento estivo è stato proprio mirato a colmare la lacuna rivelatasi devastante lo scorso anno. Inzaghi ci ha effettivamente provato, nella prima gara senza il croato: era Inter-Roma e per i nerazzurri significò quarta sconfitta in otto partite. È l’ultima partita del “vecchio campionato”. Succede che, prima di Inter-Barcellona, va in scena l’ormai illustre faccia a faccia ad Appiano e il giorno dopo, fra le novità, eccone una su tutte: Barella-Calhanoglu-Mkhitaryan. Per Asllani ci sarà tempo.
I risultati parlano chiaro, vero, ma le prestazioni anche di più. Con questo trio in mezzo al campo l’Inter ha messo insieme cinque vittorie e un pareggio (a Reggio Emilia la scelta è ricaduta ancora su Asllani), ma soprattutto ha mostrato nuovamente il volto brillante di se stessa. Tutti sono saliti di rendimento, compresi – ovviamente – gli interpreti direttamente coinvolti. Quello che stiamo vedendo è, per esempio, il miglior Calhanoglu di sempre. Giocando da regista, sa bene che non può permettersi le consuete pause all’interno della partita e questo significa maggior responsabilizzazione per un calciatore la cui qualità è sempre stata indiscussa, ma che ha palesato spesso limiti di concentrazione in termini di continuità. E sì, magari si vedrà meno negli ultimi metri, quelli che permettono di entrare nei tabellini, ma ieri ha trovato il modo di centrare l’assist con una pennellata su calcio d’angolo dritta sulla testa di De Vrij. Calhanoglu si prodiga come non mai in fase difensiva (anche se qui i progressi erano visibili anche dall’anno scorso, quando ha ben interpretato il ruolo di mezzala) e poi dispensa qualità in impostazione, non scegliendo mai la giocata banale e sventagliando che è una bellezza.
Poi c’è la certezza Mkhitaryan, perché di certezza trattasi quando guardiamo a un giocatore dal suo curriculum che dimostra di essere sempre sul pezzo. Pensiamo agli inserimenti nell’area avversaria anche all’ultimo minuto di gara, vedi Barcellona e Firenze: una volta gliela passano, l’altra no, ma lui c’è, è lì, con la voglia di vincere che lo ha sempre contraddistinto in carriera e che gli ha permesso di alzare decine di trofei vestendo maglie di lusso in Europa. Arrivato infortunato, condizionato da un nuovo problema muscolare a inizio stagione, adesso sta bene e si vede, eccome se si vede, quel misto fra intelligenza e tecnica che alza innegabilmente il tasso qualitativo della squadra.
Nicolò Barella è un’ulteriore conferma di un feeling magico creatosi a centrocampo: non ha mai segnato così tanto arrivati a questo punto della stagione, siamo a quota sei gol (cinque in Serie A, uno in Champions League, e che uno in Champions League…), terzo consecutivo in campionato. Anche qui, però, c’è da andare oltre i numeri e constatare come il sardo sia ritornato il motore della squadra dopo l’avvio nervoso e difficile che gli aveva procurato diverse critiche. Si pensava a Barella come uno dei giocatori potenzialmente più in sofferenza, una volta privo della compagnia dell’amico Brozovic a centrocampo, con cui negli anni ha sviluppato un’intesa naturale. E invece eccola lì, un’altra sorpresa.
Brozovic: soluzione, non problema
Sarebbe inutile negare che qualcosa, nelle gerarchie della rosa, sia inevitabilmente cambiato dopo l’ultimo mese. Marcelo Brozovic è prossimo al rientro, probabilmente andrà in panchina contro la Juventus. Facile ipotizzare che, da qui alla sosta Mondiale con l’ultima gara fissata per il 13 novembre a Bergamo, a centrocampo le scelte non subiranno stravolgimenti: sarebbe inutile intaccare una quadra tanto faticosamente trovata, per di più in un momento così delicato dove c’è da (rin)correre forte. Nel tifo nerazzurro si sta verificando qualcosa che, fino a qualche settimana fa, sembrava impensabile: c’è un po’ di preoccupazione (spesso inconfessata, implicita, sotterranea) dovuta al fatto che il rientro di un big indiscusso come il croato possa “rompere la magia”.
Vero, quest’anno Brozo era partito al di sotto dei suoi standard fino all’infortunio, incamerando diverse insufficienze nella fase più complicata della stagione. Altrettanto vero che il numero 77, adesso, non possa più godere dello status di intoccabile che lo aveva contraddistinto nell’ultima annata. Ma non è detto che sia un male. In primis perché l’Inter si è messa in condizione, trovando un assetto che funziona, di considerare Brozovic una soluzione in più (e che soluzione!) e non più un indispensabile, caratteristica che non si addice a una grande squadra. E poi, se un giocatore è davvero forte (e crediamo che Brozovic lo sia), dimostra di esserlo anche psicologicamente, anche quando viene messo in discussione e deve guadagnarsi il posto da titolare. Per questo, se Inzaghi toccherà le corde giuste e Brozovic ritornerà ai suoi livelli mettendosi a completa disposizione del gruppo, potremmo vedere un surplus di motivazioni che può solo giovare ai destini nerazzurri.
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