Sinisa Mihajlovic è morto oggi in una clinica a Roma, dove stava combattendo la sua seconda battaglia contro la leucemia. A dare l’annuncio è stata la famiglia. “La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel.dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessndro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato”. Aveva 53 anni ed era da circa un anno diventato nonno.
La carriera
Dopo una carriera piena di successi con le maglie di Stella Rossa, Roma, Sampdoria e Lazio, Sinisa Mihajlovic arrivò all’Inter dell’allora presidente Massimo Moratti e di mister Roberto Mancini nel 2004. In nerazzurro nel 2006 concluse la sua carriera da calciatore, per inizare quella da allenatore sempre all’Inter, in veste di vice di Mancini. Nel 2008 iniziò come primo allenatore al Bologna, la stagione successiva al Catania, poi alla Fiorentina. Dal 2012 al 2013 la parentesi come commissario tecnico della Serbia, prima del ritorno in Italia sulle panchine di Sampdoria, Milan e Torino. Nel 2019, dopo la breve avventura in Portogallo con lo Sporting Lisbona, ci fu il ritorno al Bologna. Nel luglio di quell’anno la scoperta della malattia e l’inizio delle terapie.
Mihajlovic: il cordoglio dell’Inter
Questo il messaggio di cordoglio dell’Inter a seguito della scomparsa di Sinisa Mihajlovic: “Non si è mai pronti a salutare un compagno di viaggio. Sembra che il tempo sia stato troppo poco, già svanito, solo un ricordo. Salutare per sempre Sinisa Mihajlovic è difficile per tante ragioni. È doloroso, ingiusto, profondamente malinconico.
Prima avversario in campo, poi nerazzurro, da giocatore e da vice allenatore. Poi di nuovo di fronte, sulle panchine rivali. Sempre fedele a se stesso: nella grinta e nell’atteggiamento, nella fierezza e nella serietà”.
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