L’Inter aveva già sbagliato tanto, troppo, per farlo ancora. Il rammarico per i due punti persi a Monza, che posizionerebbero al momento i nerazzurri al secondo posto solitario in classifica, è ancora ben vivo nelle dichiarazioni di allenatore e giocatori. È per questo che non esistono più margini di errori, specialmente se la Juventus perde e il Milan pareggia. A San Siro contro il Verona, l’Inter ha fatto semplicemente il suo dovere: vincere.
I tre punti sono arrivati in maniera per nulla scintillante, segnando subito con il solito fenomenale Lautaro e difendendo con accortezza il vantaggio, nonostante un avversario che al momento sarebbe retrocesso. Il tour de force del post-Mondiale si sta facendo sentire per tutti, ma per un’Inter che col Parma aveva (colpevolmente) disputato 120 minuti un po’ di più. Se a questo aggiungiamo le assenze di alcuni giocatori chiave nelle famose “rotazioni” di Inzaghi come Lukaku, Brozovic e Barella (partito dalla panchina), allora contava prima di tutto spuntarla, non importa come. Eppure, con le scelte giuste da parte dell’arbitro Fabbri la vittoria avrebbe potuto assumere contorni più sereni e confortevoli per i colori nerazzurri.
Se a Monza il fischio anticipato per un fallo inesistente ha privato l’Inter di due punti fondamentali, col Verona il destino poteva essere analogo. Se avessero subito un altro gol nel finale, parleremmo certo dei demeriti nerazzurri ma anche di un’altra prestazione scellerata da parte dell’arbitro. Sono stati tanti, nel freddo sabato sera di San Siro, gli episodi che hanno penalizzato la squadra di Inzaghi. Un possibile rigore per un fallo di mano di Hien sulla conclusione di Mkhitaryan nel primo tempo, per esempio: è quanto meno strano che Fabbri non sia stato neppure richiamato al Var per valutare il possibile penalty, visto che parliamo di una decisione al limite e di un braccio che aumenta il volume del corpo e impedisce al tiro dell’armeno di raggiungere la porta, imprimendo una direzione nettamente diversa alla conclusione. Poi c’è la decisione di annullare il gol del raddoppio a Lautaro per un contatto leggero su Dawidowicz: ci può stare. Ma è dieci minuti dopo che si verifica un episodio surreale, come gli arbitraggi che stanno caratterizzando questa fase della stagione nerazzurra: Hien trattiene vistosamente Dzeko sulla trequarti, gli impedisce di girarsi, è un chiaro fallo tattico e il difensore veronese è già ammonito. È un chiaro fallo tattico, un’ammonizione cristallina: Fabbri fischia, ma non estrae il secondo giallo e di fatto tiene in vita il Verona.
Siamo al secondo arbitraggio consecutivo fortemente penalizzante per l’Inter, che ci ha già rimesso due punti. Se dopo Monza, però, Inzaghi aveva recriminato, ieri a San Siro ha rifiutato di rispondere e nessun esponente nerazzurro ha fatto alcun riferimento alla direzione di Fabbri. Ebbene, l’Inter faccia attenzione perché – lo ripetiamo – sarebbe bastato un gol sul finale del Verona tenuto in vita da Fabbri per cambiare la storia. Ieri la disparità di valori in campo si è sentita di più rispetto alle decisioni arbitrali, ma contro avversari di livello superiore o dello stesso livello è pressoché scontato che anche il risultato ne risenta. Ci auguriamo, in questo senso, di assistere mercoledì ad una partita ad armi pari sotto questo punto di vista.
Da quando la Supercoppa non è la prima gara della stagione ma si disputa come inframezzo, è una partita che ha il potere di cambiare gli umori, di incidere sull’emotività e di indirizzarne così il prosieguo. Ma mai come questa volta, visto il contesto, è più di un trofeo. Perché?
Innanzitutto perché si disputa fra Milan e Inter, le ultime due squadre a vincere il titolo e il cui duello ha caratterizzato la Serie A dal momento in cui la Juventus ha ceduto il passo dopo i nove Scudetti consecutivi. Nel 2021 tricolore nerazzurro, nel 2022 (nostro malgrado) il trofeo è andato dalla parte sbagliata del Naviglio. Dopo i nefasti avvenimenti della scorsa stagione e la pesante sconfitta (sul piano del gioco più che guardando al 3-2 finale) nel derby di settembre, ci aspettiamo rabbia, furore, voglia di rivincita da parte dei nostri.
Oltre alla rivalità, però, c’è di più: tutte e due le squadre vogliono portarsi a casa almeno un titolo. Con il Napoli in fuga (+9 sul Milan, +10 sull’Inter), pensare allo Scudetto oggi diventa difficile. Inoltre, i rossoneri hanno incassato la disonorevole eliminazione dalla Coppa Italia e quindi hanno una possibilità in meno rispetto ai nerazzurri qualificati per i quarti. Vincere la Supercoppa, oggi, diventa fondamentale. E perderla può risultare pesante psicologicamente, incidendo in negativo sui prossimi mesi e sul senso di una stagione. Ci affidiamo alla voglia di riscatto ma anche ad Inzaghi, che in carriera ha vinto la Supercoppa 3 volte su 3 tentativi e che, in generale, nelle finali è a quota 4 su 5. Non può essere un caso, significa che la preparazione delle partite secche è un punto di forza del nostro allenatore. E allora ce lo dimostri ancora, nella partita che oggi è più sentita.