Diciotto giorni, due derby giocati, due vittorie, un trofeo portato a casa, un distacco che aumenta in campionato e una zona Champions più vicina. In assenza del bersaglio più ambito, diventato ormai irraggiungibile, l’Inter prova a consolarsi e lo fa alla grande. Lo fa mostrando il suo volto migliore, quello del 2023, quello con il quale adesso i nerazzurri vincono sistematicamente le grandi sfide. Se nella prima parte di stagione la squadra di Inzaghi non sbagliava contro le medio-piccole ma cedeva il passo alle squadre di livello simile (Lazio, lo stesso Milan, Roma, Juventus), ora l’andazzo sembra essere cambiato.
Considerando l’ultimo successo dello scorso anno solare, l’Inter ha battuto due volte l’Atalanta fra Serie A e Coppa Italia, due volte il Milan fra Supercoppa e Serie A e una volta il Napoli finora risultato imbattibile per tutti gli altri. Sono ottimi presagi in vista del prosieguo di campionato, ma soprattutto in ottica Coppa Italia (doppia sfida contro la Juventus ad aprile) e Champions League (doppio confronto con il Porto in arrivo, tra febbraio e marzo).
Non c’è partita, ma…
Poche volte come nel derby di ieri abbiamo assistito ad un dominio simile. Nei primi 45 minuti, l’Inter ha letteralmente divorato il Milan schiacciandolo nella sua metà campo, con un andamento di gara – va detto – propiziato anche dalla disposizione tattica scelta da Pioli, il quale ha lasciato in panchina Leao decidendo di posizionarsi a specchio: 3-5-2 con Messias nell’insolita posizione di mezzala (e scarsi risultati, vista anche la sostituzione nell’intervallo) e l’impalpabile Origi davanti a supportare Giroud.
Il problema, se ce n’è uno, è che l’Inter non abbia capitalizzato a dovere il dominio assoluto imposto nel primo tempo: l’1-0 con cui si è andati negli spogliatoi non era proporzionato alla superiorità vista in campo. A tutti i livelli. La difesa nerazzurra ha controllato agevolmente gli attaccanti rossoneri, così come Darmian e Dimarco hanno vinto i rispettivi duelli contro Theo Hernandez e Calabria; a centrocampo, il trio interista è salito in cattedra come di consueto. Davanti, Lautaro ha avuto diverse palle gol, riuscendo a concretizzarne solo una ma giocando una partita imperiosa.
E poi c’è la vecchia storia: quando non chiudi le partite, è possibile che queste si riaprano senza che tu te ne renda conto. Sarebbe stato veramente ingiusto, ma tant’è. All’Inter deve servire da lezione, nonostante stavolta il risultato abbia arriso. Fortunatamente, nell’unica vera palla gol della partita, quando Giroud è stato servito nella stessa posizione e allo stesso minuto del famoso gol nel derby di un anno prima, ha grossolanamente sbagliato il controllo, venendo rimontato da Acerbi. Poi un paio di gol annullati a Lukaku e Lautaro, le urla ricacciate in gola, ma è andata come doveva andare. E come era meritato. 1-0, gol del Toro.
Un giocatore universale
Il percorso di Lautaro Martinez testimonia non solo caratteristiche tecniche sopra la media (questo lo sapevamo già), ma una leadership e una forza mentale impressionante. In molti dicono che la vittoria del Mondiale gli abbia dato la spinta decisiva, e può essere senz’altro vero. Riavvolgendo il nastro, però, ci accorgiamo che, in Qatar, Lautaro è partito da titolare dell’Argentina perdendo il posto a favore di Julian Alvarez nella terza partita. Una situazione che avrebbe potuto anche destabilizzare il numero 10 dell’Inter.
Il Toro, invece, ha preso soltanto il buono (e che buono) del Mondiale, ovvero la vittoria, sfruttando invece la perdita del posto da titolare come motivazione in più per il futuro. Una capacità che è solo dei grandi giocatori, quella di trovare sempre la chiave giusta per auto-motivarsi. E così è ritornato non solo più forte di prima, ma più leader. La concomitante situazione di Skriniar ha fatto il resto: quella fascia, che non è solo un pezzo di stoffa, sul braccio di Lautaro sta da Dio, perché oggi l’argentino incarna tutto ciò che è Inter. Lo vedi nelle rincorse difensive a sporcare passaggi e rubare palla, nei controlli orientati, nelle scelte sempre lucide, nella calma che non sempre gli è appartenuta anche nei momenti più caldi delle partite, nelle dichiarazioni (“Milano è nerazzurra”), nella festa sotto la Curva con sguardo rabbioso e fiero di essere interista. E poi, ovviamente, nei gol. Settima rete in un derby, dodicesima in Serie A, quindicesima stagionale se contiamo anche i gol in Supercoppa, Coppa Italia e Champions League.
Già, la Champions. L’Inter non è attrezzata per vincerla, ma ha le armi per battere il Porto nella doppia sfida: sarà un doppio turno equilibrato, con nessuna favoritissima, ma con una motivata speranza di farcela da parte nerazzurra. Lautaro può essere l’uomo di punta per una grande Champions, il giocatore a cui aggrapparsi nelle grandi notti europee. E vediamo dove ci porta.
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