In casa Inter bisogna valutare le condizioni di Robin Gosens: il club nerazzurro ha comunicato che il calciatore è uscito a fine primo tempo dalla gara contro la Sampdoria per un affaticamento muscolare all’adduttore destro. Nelle prossime ore, Gosens effettuerà gli esami diagnostici per avere notizie definitive sull’infortunio.
Gosens: “Qui grazie alla mia mentalità. Avrei voluto giocare con Milito”
Intervistato dall’ufficio stampa dell’Inter sulla piattaforma Recast, Robin Gosens si è raccontato calcisticamente, parlando dei suoi idoli e della sua determinazione che lo hanno portato a vestire la maglia dell’Inter.
Gli esordi
“Ho esordito a Dordrecht, una piccola e bellissima città in Olanda. Lì ho fatto la mia prima presenza da professionista, quindi è una delle mie città, anche se onestamente la più importante è Bergamo perché lì ho fatto esperienza e fiducia, lì sono cresciuto di più ed ho vissuto un’esperienza importante di vita come la pandemia. Bergamo sarà per sempre parte della mia vita. Poi c’è Milano che è la città in Italia più moderna e più bella. Sono contentissimo di essere qui”.
Caratteristiche principali
“Sicuramente la mentalità, senza la quale non sarei qui a parlare, e la disciplina. Sono le due cose più importanti perché, non avendo forse il talento coem altri calciatori, la testa diventa ancora più importante. Infine c’è il divertimento, avere piacere in quello che fai è fondamentale, anche se adesso c’è più pressione. ll calcio è una parte di me”.
Quale leggenda avresti voluto come compagno di stanza?
“Difficile, però credo Jurgen Klinsmann, è un mio connazionale e quando era qui all’Inter era un idolo dei tedeschi. Dividere una stanza con lui sarebbe stato molto interessante”.
Quale leggenda avresti voluto come compagno di reparto?
“O Eto’o o Milito, perché erano due giocatori impressionanti. Milito mi ha sempre impressionato per la sua presenza in area. Io sono un esterno a tutta fascia e con tutti i cross, con Diego saremmo stati una bella coppia”.
Quale leggenda avresi voluto sfidare?
“Andy Brehme. In tanti mi dicono che siamo paragonabili, ma io non sono così sicuro: lui ha interpretato il ruolo alla grande, era un giocatore diverso. Sarebbe stato interessante sfidarlo e imparare da lui”.
Il gol più emozionante?
“Germania-Portogallo: in quella partita degli Europei 2020 ho fatto due assist e un gol. Era il match più importante del girone, un’esperienza unica. Giocare per la Nazionale è incredibile e finora quello è il momento più bello che ho vissuto”.
Il tuo idolo da bambino?
“David Alaba è sempre stato il mio idolo fin da quando ho iniziato a giocare a calcio. Non so precisamente il perché, ma io vedevo sempre la Bundesliga e lo guardavo ricoprire tutti i ruoli nel Bayern. Mi ha sempre impressionato”.
Il posto del cuore dell’infanzia
“Tutti i giorni eravamo a scuola fino alle due e poi fino a sera eravamo in campo a giocare tra amici. Siamo cresciuti nel campo di calcio del mio paese. Un campo brutto, piccolino, ma ci siamo divertiti tanto e ci siamo sempre detti: ‘Se uno di noi diventasse un professionista sarebbe la cosa più bella al mondo’. Questo è capitato a me ed è una cosa che mi fa molto emozionare”.
Una frase guida
“Vale la pena sognare. Nel periodo più duro della mia vita, durante la pandemia, è venuta fuori questa idea di scrivere tutto quello che mi veniva in mente. È venuto fuori un libro che, secondo me, è molto personale. Io amo leggere e avere in mano il tuo libro è stato un processo molto lungo e alla fine molto bello”.
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