Subito dopo la decima, ripetiamo, decima sconfitta in campionato, a Simone Inzaghi è stato chiesto di analizzare le forme, l’andamento, il significato di questa ennesima caduta della sua Inter. Lo si è fatto tentando di rintracciare dei paragoni con delle sconfitte precedenti, e già questa abitudine dice (tristemente) tanto. Gli è stato detto che questo ko ricordava un po’ quello di La Spezia, cui ha fatto seguito il pareggio col Porto e poi lo 0-1 con la Juventus. E però la sconfitta in Liguria è similare solo in parte, ovvero in quanto a occasioni create ma non per occasioni subite. Con la Fiorentina, l’Inter ha sì creato tanto ma ha pure subito tantissimo.
La partita, agli occhi di uno spettatore neutrale, è stata divertente. Meno per chi ha a cuore l’Inter e ha assistito ad una squadra che, fin dall’inizio, è andata all’arrembaggio, sbilanciandosi in maniera dissennata e a tratti sconclusionata. I nerazzurri ci hanno messo l’intensità e anche la voglia, specialmente nel primo tempo, ma non la testa. La testa l’hanno abbassata, non hanno ragionato, si sono fatti trascinare dagli eventi e in diverse circostanze sembrava di avere a che fare con una squadra di Zeman, visto l’evidente disequilibrio.
Certo, c’è il gol sbagliato da Lukaku a porta vuota nel secondo tempo, un altro spreco nel primo, il mancato passaggio di Mkhitaryan, ma c’è pure ad esempio il liscio di Ikone e un paio di miracoli di Onana. Ci sta rammaricarsi per i gol sbagliati, ci sta pure dire che non siano diretta responsabilità di Inzaghi, ma non bisogna guardare soltanto il dito: soffermiamoci anche su quanto la difesa (32 gol subiti in 28 partite) ha concesso. E allora, quando le partite vanno così, quando si va all’arrembaggio senza capirci molto, la sconfitta può capitare ed è capitata. Ancora. L’Inter ha perso più di un terzo delle gare di questo campionato. Raccapricciante, sconfortante, umiliante.
Declino globale
L’anno scorso il campionato dell’Inter ha lasciato una sensazione amara, molto amara. Nessuno dimenticherà mai lo Scudetto perso. Di certo, però, la dignità non era mancata: 25 vittorie, 9 pareggi, 4 sconfitte, 84 gol fatti (miglior attacco), 32 gol subiti (terza miglior difesa, a un gol di distanza da Milan e Napoli). In più, per larghi tratti della stagione i nerazzurri avevano vinto e convinto, mostrando un gran bella organizzazione di squadra. Cosa è rimasto?
Il gioco dell’anno scorso è praticamente scomparso: quest’anno non si è mai visto. La difesa è qualcosa di raccapricciante: alla giornata numero 28, a dieci dalla fine, l’Inter ha già incassato gli stessi gol di tutto il campionato passato. L’attacco? L’Inter ha segnato 47 gol, finirà con tante reti all’attivo in meno. Stando alle ultime quattro partite (considerando Spezia, Porto, Juventus e Fiorentina), i nerazzurri hanno segnato un solo gol, peraltro su rigore. Nelle ultime cinque, l’Inter ne ha perse quattro. Sei anni dopo, ha messo insieme per la prima volta tre sconfitte consecutive in campionato. Già in questa giornata ritrovarsi al quinto posto in classifica ed è a soli 6 punti di vantaggio su una Juventus penalizzata di 15. Significa che, anche se non dovessero restituire i punti ai bianconeri, il rischio di farsi sorpassare nonostante la penalizzazione è terribilmente concreto: sarebbe vergognoso.
Ed è proprio da questo aggettivo, tramutabile in sentimento, che l’Inter dovrebbe ripartire. E per Inter non si intendono solo i calciatori e Inzaghi, ma anche la dirigenza e, soprattutto, chi continua ad essere a capo (?) della società, anche se non si direbbe. Parliamo, d’altronde, dei principali responsabili di un declino globale cominciato nell’estate 2021 e che con loro ancora alla guida non vedrà mai la fine. Suning è da ormai due anni assente ingiustificato e ingiustificabile, rappresentato degnamente da un presidente che si presenta ai microfoni soltanto dopo grandi vittorie. Suning è una presenza tanto pesante (in negativo) quanto sgradita.
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