Ci sono momenti in cui bisogna andare oltre il risultato sportivo, anche quando questo è sorprendentemente positivo e ottenuto all’ultimo secondo. Per questo, esprimeremo un commento su quanto visto sul terreno di gioco, ma il focus verterà poi inevitabilmente su altro.
L’Inter che arrivava allo Stadium era in crisi nera, reduce da tre sconfitte consecutive in campionato; la Juventus, invece, si presentava nel suo miglior momento stagionale. Le premesse erano oggettivamente brutte: è andata meglio di come ci si aspettava. I 95 minuti di Torino raccontano di una partita bloccata, molto tattica, e questo era prevedibile se pensiamo che si trattava soltanto del primo tempo di una disputa che si concluderà soltanto il prossimo 26 aprile a San Siro. Ma raccontano anche un altro aspetto, ormai consolidato, della stagione nerazzurra: esiste un’Inter di campionato e una di coppa. La squadra fragile, che si dissolve alla prima difficoltà in Serie A e che vive costanti svarioni difensivi, in Coppa Italia e in Champions League si mostra invece estremamente concentrata e capace di rimanere sul pezzo in ogni caso. La Juventus ha chiuso ogni spazio, l’Inter ha fatto lo stesso, tranne in un’occasione: l’errore tattico di Gosens che va a stringere su Milik e si perde l’inserimento di Cuadrado.
Era difficile riuscirci dopo il gol bianconero in una gara che sembrava destinata a concludersi sullo 0-0, e invece l’Inter non si è persa d’animo nei minuti finali, pur non creando occasioni nitide (quelle c’erano già state, vedi l’occasione di Brozovic, il colpo di testa di D’Ambrosio, il sinistro a fil di palo di Mkhitaryan). La squadra di Inzaghi ha approfittato dell’errore avversario, in particolare di Bremer, che è intervenuto in maniera scomposta dopo la sponda in area di Dumfries. Ciò che resta della notte di Torino, oltre a un 1-1 che rimanda inevitabilmente ogni discorso alla gara di ritorno, è una grande reazione caratteriale dell’Inter, testimoniata anche dal finale di gara e ha come immagine simbolo la corsa di Edin Dzeko sotto il settore ospiti, mentre indica lo stemma nerazzurro con orgoglio e incita i suoi stessi tifosi. Il tutto, però, avviene all’interno di un contesto vergognoso che ha fatto sobbalzare anche la stampa internazionale.
Se Lukaku avesse esultato in quel modo senza una (grave) causa scatenante, già ci sarebbe stato da discutere sull’ammonizione, che non viene applicata sempre in casi del genere ma lascia un pericoloso margine discrezionale all’arbitro. Ogni discorso, però, inevitabilmente svanisce di fronte alla natura degli insulti e dei cori riservati all’attaccante dell’Inter: erano di matrice razzista, come si evince da numerosi video circolati sui social fin dal termine della gara.
Qui il contesto cambia, cambia eccome. Innanzitutto, c’è da rilevare il deprecabile comportamento dell’arbitro Massa: in casi del genere, si sospende la gara e si invita lo speaker a rilasciare un comunicato. Non solo però la gara non è stata fermata, ma la vittima si è trasformata in carnefice, dal momento che Romelu Lukaku – oltre agli insulti razzisti – si è dovuto pure beccare un’espulsione per seconda ammonizione in quanto colpevole di aver risposto ai razzisti, e fin troppo signorilmente. Non ha fatto gesti plateali durante la gara, non ha minacciato di abbandonare il campo (e ne avrebbe avuto tutte le ragioni): ha semplicemente invitato i razzisti a stare zitti. Espulso.
Si tratta di un evento che ha fatto molto scalpore sulla stampa internazionale e che ha scatenato l’indignazione anche dell’agenzia che cura gli interessi di Romelu, ovvero la Roc-Nation. Ci sono però due assurdità nell’assurdità. Una è il comportamento dei calciatori della Juventus, che immediatamente si sono scagliati contro Lukaku dando vita alla rissa finale con un Cuadrado (tanto per cambiare) sugli scudi: il colombiano ha provato addirittura a colpire Handanovic con un gancio. Chissà se ci saranno sanzioni aggiuntive, oltre all’espulsione. Non contenti, i rappresentanti bianconeri hanno perpetuato il loro atteggiamento deplorevole anche dopo la gara, tramite le voci di Danilo e Perin che hanno attaccato Lukaku e definito l’espulsione “giusta”.
Il secondo è il comportamento della stampa italiana che – come l’arbitro – lascia intendere che, in fondo, la colpa sia dell’attaccante nerazzurro, reo di aver aizzato gli animi. Un punto di vista che, ovviamente, trova spazio solo in Italia e la cosa ci rende da un lato sollevati, dall’altro provoca un enorme vergogna perché ci mostra fin dove può arrivare la malafede nei giudizi. Basta dare un’occhiata ad almeno due dei principali quotidiani sportivi nazionali, ma bastava anche ascoltare Mediaset subito dopo la gara, dove il tema principale è stato spostato sul “nervosismo dei calciatori dell’Inter”. Siamo alle solite, insomma. Siamo di nuovo davanti all’incapacità di andare oltre il risultato, oltre un pareggio al 93′ che ha reso più sereni gli interisti ma ha fatto arrabbiare tanto gli juventini e tutto lo stuolo di commentatori e opinionisti al loro seguito che, di fronte a loro, fanno riverenza da decenni.