Meglio di così, non poteva andare. L’Inter capace di incantare in Europa e di rimanere in corsa in Coppa Italia è tornata alla vittoria in campionato, dopo più di un mese e mezzo di astinenza, e lo ha fatto proprio nella situazione in cui quest’anno ha più sofferto: il match di campionato dopo quello in Champions League. Simone Inzaghi, inoltre, ha ottenuto i tre punti facendo anche ricorso al turnover e garantendo riposo a Onana, Bastoni, Darmian, Dumfries, Barella, Mkhitaryan (lui non per scelta, ma per motivi personali), Dimarco e Lautaro. Le risposte sono state tutto sommato buone: basti pensare alle prove di D’Ambrosio, De Vrij, Bellanova e anche di Correa.
Resta da vedere se quella di Empoli sarà una vittoria capace di cambiare le sorti del campionato, perché il Milan ha vinto ed è rimasto a +2, mentre la Roma sarà impegnata a Bergamo contro l’Atalanta. Il rischio è che sia troppo tardi e che l’Inter abbia dilapidato per strada un’immensità di punti preziosi, ma di certo la vittoria finalmente riconquistata non può che essere una nota positiva. Ma forse, oltre alla vittoria, c’è una notizia ancora migliore.
Quante volte abbiamo assistito a partite come quella di ieri, in questa stagione? Tante, tantissime. Per rimanere alle ultime, possiamo citare Spezia o Monza. L’Inter che approccia anche benino, ma l’avversario si chiude e i nerazzurri non trovano lo sbocco decisivo e il graffio letale, rimanendo incagliati nella dinamica della gara, scoraggiandosi e venendo poi puniti. In Toscana poteva succedere la stessa cosa, basti guardare il primo tempo oggettivamente anonimo disputato dai nerazzurri.
Questa volta, però, c’è stata la differenza. In molte occasioni ci si è lamentati del fatto che l’Inter non abbia uomini in grado di strappare, di far saltare gli schemi con una giocata: quello che sono Leao e Theo nel Milan; Kvaratskhelia nel Napoli; Di Maria o Chiesa nella Juventus, Dybala nella Roma. Ieri l’Inter ha trovato il suo difference maker, quello che cercava dalla scorsa estate e che ha riportato a Milano: Romelu Lukaku è tornato, almeno nel secondo tempo e soprattutto col secondo gol, quello che conoscevamo. Difficile sbilanciarsi su quale sarà la versione definitiva del belga: quella straripante vista in Toscana, oppure si tratterà dell’estemporaneità di una scintilla?
Quel che è certo è che Lukaku, per caratteristiche, può essere potenzialmente un fattore enorme per l’Inter da qui alla fine. Tutto dipende dal suo stato di forma, dal modo e dalle partite in cui verrà impiegato. Si tratta dell’unico giocatore capace di portare vittorie anche quando la squadra non brilla. Mica poco, se consideriamo che uno dei difetti strutturali più evidenti di questa squadra è l’incapacità di vincere quando gioca male e di arrivare al gol senza azioni armoniose e collettive. Lukaku è un unicum, nella rosa dell’Inter. Da qui in avanti, tutti verranno utilizzati tanto, basti pensare al calendario terribile che attende i nerazzurri fra le sette partite in campionato contro avversari tutti insidiosi (Lazio, Verona, Roma, Napoli, Sassuolo, Atalanta, Torino), almeno una in Coppa Italia e almeno una in Champions League. C’è bisogno di tutti, ma uno soltanto con le potenzialità per vincerla da solo. E per trascinare l’Inter in questa elettrica volata finale.