Erano trascorse soltanto 69 ore dalla trasferta precedente. Il ravvicinato tour dell’Inter in due delle piazze più belle d’Italia, Verona a Roma, sulla carta rappresentava una possibile collisione con le speranze di qualificarsi nuovamente per la Champions League. Ce n’erano i motivi, se pensiamo ai ritmi folli con i quali si sta giocando ormai da inizio aprile. Simone Inzaghi, però, dopo essere stato criticato anche pesantemente nei mesi scorsi per la gestione della rosa, finora sta avendo chiaramente ragione nelle rotazioni cui ricorre quasi scientificamente.
Il coefficiente di difficoltà, all’Olimpico, era altissimo. Vero, la Roma era priva di diversi giocatori, ma l’identità che Mourinho ha creato va spesso oltre i singoli e si traduce in una costante: il clima da battaglia che si respira e si vive in ogni partita contro i giallorossi. Quella con l’Inter non ha fatto eccezione: nervosismo, crisi isteriche ad ogni fischio arbitrale, tuffi ripetuti in area alla ricerca di un rigore. Nulla da fare, non ce n’è con questa Inter. I nerazzurri che in diverse occasioni si erano dimostrati fragili psicologicamente hanno dimostrato di saper anche lottare e sporcarsi fino ai capelli, se necessario.
La notizia migliore non è solo che l’Inter abbia vinto una partita fondamentale, ma che lo abbia fatto accettando i duelli e l’intensità esasperata, dimostrando una tenuta mentale necessariamente granitica: se vuoi vincere a Roma, devi fare tutto questo. La squadra di Inzaghi non è mancata praticamente in nulla. Mourinho ha preparato la gara molto bene, chiudendo tutti gli spazi sullo 0-0 e costringendo ripetutamente i nerazzurri a tornare indietro, con il rischio di spazientirsi e di forzare i passaggi per poi regalare il contropiede agli avversari.
Così non è stato, perché l’Inter è rimasta serena nel palleggio e al contempo iper-concentrata in difesa, concedendo davvero poco agli avversari grazie a superbe prove individuali di Darmian, Acerbi e Bastoni. Dalla pazienza è nato l’1-0 che ha “stappato” la partita e costretto la Roma a cambiare spartito: dopo lunghi minuti di possesso, primo movimento fatto male della Roma ed ecco il varco, scrutato e sfruttato da Brozovic, che ha servito Dumfries sulla corsa prima dell’inserimento di Dimarco sul secondo palo. È il manifesto della grande squadra, che accetta la partita sporca e colpisce appena può.
L’Inter non è mai stata così unita, almeno questa è l’impressione. Fa quasi strano a dirlo, dopo un inizio di stagione in cui era palpabile il nervosismo e di un prosieguo in cui è stato spesso messo in discussione il rapporto e la considerazione dei giocatori nei confronti di Simone Inzaghi.
C’è stata una svolta, uno switch dentro i cancelli di Appiano Gentile. I nerazzurri non hanno mai tradito nelle coppe da settembre, ma fino a un certo punto hanno alternato – in maniera bizzarra e clamorosa – prestazioni eccellenti durante la settimana e deprimenti nei weekend. Da Empoli in poi, invece, il cambiamento anche in campionato è risultato evidente. L’Inter ha capito che non può permettersi di fare continuamente on/off a seconda della competizione e, aiutata dal turnover di Inzaghi, recupera energie e poi vince, vince e rivince, migliorando in tutto partita dopo partita. È una squadra che sa difendere con i denti come con la Juventus, recuperare il risultato come con la Lazio, dare spettacolo come a Verona e dimostrarsi psicologicamente fortissima come a Roma.
Se davvero Empoli ha rappresentato uno spartiacque nella storia fra l’Inter e questa Serie A, la cui lotta al primo posto è stata abbandonata colpevolmente presto, forse lo si deve a quella doppietta di Romelu Lukaku capace di ritrovare il gol su azione proprio in Toscana. Lui, l’uomo tornato d’estate per riprendersi una Milano lasciata e subito rimpianta. Già, proprio Lukaku: un fattore assoluto nelle sfide che l’Inter doveva vincere per forza, quelle contro le romane. Due assist con la Lazio, gol con la Roma a chiudere i conti. Sì, abbiamo parlato di “riprendersi Milano”. E questo è qualcosa che ci riporta a rivalità cittadine, a derby, a euroderby, a ciò che sta per arrivare. Non ha bisogno di ulteriori presentazioni, perché è già destinato a diventare storia del calcio milanese, italiano ed europeo. E chissà che non sia quella, la destinazione di Romelu Lukaku in questa storia meravigliosa.