È francamente impressionante il modo in cui l’Inter si è confrontata con una partita di questo calibro. 20 anni di attesa per i tifosi, settimane durissime per i calciatori, una città paralizzata per un vero e proprio evento che vede Milano ombelico d’Europa, sotto gli occhi di tutti.
Ma chi ci sperava, in un primo tempo del genere? Chi poteva attendersi un dominio così netto? Neanche i più ottimisti, neanche chi era fermamente convinto della superiorità nerazzurra sui rossoneri. Ci si attendeva una gara tirata, equilibrata, con le due squadre accorte e la testa proiettata a una gara di ritorno partendo dall’equilibrio. A maggior ragione l’Inter, che con un pareggio si sarebbe garantita comunque la possibilità di giocare una sorta di “finale” a casa sua, con un San Siro nerazzurro. E invece no, la Beneamata ci sorprende di nuovo in positivo. Edin Dzeko ha fatto un capolavoro, un gol alla Dzeko, perché è impossibile trovare altri metri di paragone che non siano autoreferenziali: spiovente in area, tiro al volo, gol. La specialità della casa. Lo faceva alla Roma contro il Chelsea, all’Inter contro lo Shakhtar: e perché non riprovarci, e non rifarlo, anche in una delle notti più importanti della sua carriera?
C’è quasi da rammaricarsi, per una superiorità non capitalizzata a dovere. Ma è il rimpianto dei grandi, di chi è forte. Nel primo tempo, l’Inter ha stradominato sotto tutti i punti di vista: in fase offensiva, mettendo sempre in difficoltà gli avversari con il dominio di Mkhitaryan e Calhanoglu, le sgroppate di Dumfries e Dimarco, il lavoro egregio di Lautaro e Dzeko; in fase difensiva, bloccando sul nascere le iniziative dei rossoneri con un lavoro collettivo pregevole e un trio difensivo strepitoso. E allora è normale disperarsi per il palo di Calhanoglu che lo ha privato di un gol particolarmente significativo, per l’occasione successiva fallita da Mkhitaryan e per quella nel secondo tempo di Dzeko salvata da Maignan.
L’Inter, forse, ha avuto il difetto di tenere in vita il Milan. Non è detto che sia del tutto un male, però, perché costringe la squadra di Simone Inzaghi – capace di azzeccare nuovamente tutto in una notte europea – a tenere alta la guardia: sa di non poter scherzare, con due soli gol di vantaggio. A maggior ragione perché ci sarà Leao, da cui il Milan è dipendente al 100%, e con lui la sua capacità di indirizzare le partite individualmente. Al ritorno servirà concentrazione totale, continua, ininterrotta, ma soprattutto i nerazzurri non dovranno cadere nelle provocazioni dei rivali: ieri Theo Hernandez ci ha provato dopo tre secondi con un brutto fallo su Dumfries (bravo a rimanere sereno), così come Diaz e poi Krunic, che ha colpito con un pugno Bastoni in area di rigore.
Tenendo presente questo episodio, appaiono davvero imbarazzanti le dichiarazioni rilasciate da Stefano Pioli dopo la partita. Il tecnico del Milan ha avuto il coraggio barbaro di lamentarsi per l’arbitraggio, nonostante il penalty negato all’Inter e la mancata espulsione di Krunic, lamentando un vago “due pesi e due misure“. Si tratta, evidentemente, di un tentativo neanche troppo celato di condizionare l’arbitro del ritorno. Ma ricordiamo che Pioli è sempre “un signore”, a detta degli illuminati.
E allora, cara Inter, trai ulteriori motivazioni da questi dettagli e uniscile a quelle che già hai. Come se fosse roba da poco, poi. La Beneamata, guidata da un Simone Inzaghi sontuoso nelle coppe, sente più vicino il profumo di un sogno, del Sogno, che può essere raggiunto tramite un derby, il Derby. Vietato festeggiare, sacrosanto crederci ora più che mai, perché sarebbe assurdo non farlo. Saranno sei giorni lunghissimi, che ricorderemo per sempre.