L’ANALISI – Quanti segnali positivi! E questa Inter ha un nuovo leader

Che sia da insegnamento, una volta per tutte: le amichevoli sono rodaggio, possono dare qualche traccia da sviluppare, ma nessun giudizio definitivo. L’Inter vista ieri contro il Monza non aveva nulla a che vedere con la versione sbiadita e sfilacciata degli impegni estivi, su tutti contro il Salisburgo.

Si è rivista la manovra corale e piacevole diventata marchio di fabbrica della squadra di Simone Inzaghi, quest’ultimo giunto al terzo anno a Milano: gli interpreti possono cambiare, e pure tanti (come nell’ultimo mercato), ma il canovaccio tattico è ormai instillato nella testa di chi è rimasto. E sono stati proprio loro a trascinare i nuovi arrivati verso una grande prestazione: quanti segnali positivi, nella serata del ritorno in un San Siro gremito, anche il 19 agosto, a due mesi e mezzo di distanza dalla finale di Istanbul che tanto orgoglio ha lasciato in tutti i cuori nerazzurri.

Dai nuovi…al nuovo leader

I nuovi? Tutti bene, anche se dall’inizio era presente il solo Marcus Thuram insieme a Yann Sommer (poco impegnato ma indeciso in un paio di uscite). A proposito di amichevoli poco indicative, il francese è apparso tutto un altro giocatore rispetto alle gare precedenti: ha svariato alla grande sul fronte offensivo, facendo valere il fisico e garantendo strappi utilissimi in contropiede. Deve migliorare in area? Certo che sì, deve riempirla di più per segnare in misura maggiore, ma la sua prova è stata certamente positiva.

Gli altri acquisti sono entrati invece nel secondo tempo: ottimi i segnali da Marko Arnautovic, presentatosi con l’esuberanza caratteriale e tecnica che lo contraddistingue. Occhio alla lotta per la titolarità con Thuram, perché – se i due attaccanti in questione sapranno affrontarla con la mentalità giusta – potrebbe portare entrambi ad alzare il livello e i tifosi interisti, di conseguenza, a divertirsi parecchio. C’è stato poi spazio anche per Cuadrado e Carlos Augusto, i due nuovi ricambi sulle fasce che daranno più di qualche grattacapo a Dumfries e Dimarco; per Frattesi che, nonostante l’ingente investimento estivo, sarà chiamato a offrire il proprio meglio per scalzare nelle gerarchie un eterno Mkhitaryan; per Bisseck, che ha le potenzialità fisiche per dare il proprio contributo.

E ovviamente, all’apporto dei nuovi, si unisce quello della vecchia guardia, su tutti del nuovo leader indiscusso Lautaro Martinez. Il Toro, forte dei 29 gol (record in carriera) della scorsa stagione e della fascia da capitano definitivamente assegnatagli, si è presentato subito con una doppietta. In uno spogliatoio che ha perso capisaldi come Handanovic, D’Ambrosio, Skriniar, Brozovic, Lukaku e Dzeko, l’argentino è chiamato a prendere per mano i compagni e a trasmettere l’identità nerazzurra, diventando bomber ancora più totale. Ad oggi, l’impressione è che il numero 10 sia già il nuovo leader.

A lui si aggiungono le certezze come Darmian, Bastoni, Calhanoglu (che salvataggio in scivolata nel secondo tempo!), Barella (che invenzione sul primo gol di Lautaro!), Mkhitaryan, con una menzione particolare per i due olandesi, Denzel Dumfries e Stefan De Vrij. Il primo è uno di quei giocatori che spesso viene criticato (anche a ragione) per lacune tecniche e di scelte, ma col Monza è risultato molto più coraggioso, incisivo e anche preciso nel passaggio, come in occasione dell’assist a Lautaro. Il secondo, dopo un anno e mezzo difficile, era già tornato “in sé” negli ultimi mesi della passata stagione e la prova di ieri ha confermato il trend positivo: impeccabile negli interventi difensivi e in impostazione.

In una rosa che sulla carta sembra indebolita, la grande sfida di Simone Inzaghi sarà triplice: alzare il livello dei calciatori già a disposizione nelle stagioni precedenti; integrare al meglio i nuovi arrivati; lavorare sulla testa ed evitare quei cali mentali e motivazionali visti nel campionato passato, quelli che hanno portato l’Inter a perdere una partita ogni tre. Chiedergli tassativamente il tricolore sarebbe ingiusto, ma quest’anno si deve lottare. Per davvero.

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