No, non si può sempre stravincere. L’Inter di campionato ci aveva abituato a contese tranquille, dominate praticamente dall’inizio alla fine, senza sussulti: la serenità vista contro Monza e Cagliari, lo strapotere ammirato con Fiorentina e Milan. Succede, però, che la stagioni entri nei suoi ritmi veri, tanto incessanti quanto regolari per una squadra come quella di Simone Inzaghi, impegnata anche in Champions League.
E allora non c’è più la possibilità di preparare la gara tutta la settimana con la freschezza che ne consegue, non c’è neanche – e non può esserci – l’adrenalina di cui ti rifornisce un derby, anche se sei appena tornato dall’altra parte del mondo e la fatica la accusi solo dopo la gara. E così, dopo la scorpacciata e l’estasi della stracittadina, vai a San Sebastian e fatichi molto anche per pareggiarla, poi torni ed è già tempo di partire per una nuova trasferta.
Insomma, non può essere sempre…derby. E non è (almeno non del tutto) una presa in giro nei confronti del Milan, bensì la constatazione che quella carica, insieme a quel dispendio di energie, non può essere retto a lungo termine. Sapevamo che le partite “sporche”, da vincere e basta, sarebbero arrivate. Eccole qui, ecco i tre punti. Cosa che l’anno scorso non accadeva.
Questa è la strada
L’Inter era chiamata a battere l’Empoli, che aveva numeri completamente opposti ai suoi: solo vittorie contro solo sconfitte, miglior attacco contro peggior attacco, miglior difesa contro peggior difesa e quindi, naturalmente, prima contro ultima. Il cambio di allenatore, come di consueto, ha mosso qualcosa nella squadra toscana, apparsa più tonica e convinta rispetto all’inizio horror che l’aveva vista cadere rovinosamente per 7-0 contro la Roma.
L’ottimo inizio nerazzurro lasciava presagire un gol in arrivo velocemente, cosa che non è successa. La squadra di Inzaghi, dopo una mezzora convincente, ha abbassato i ritmi chiudendo il primo tempo in pareggio, un inedito nel suo campionato. Tuttavia, con pazienza, ha trovato la rete anche in una gara che sembrava bloccata e lo ha fatto con una meraviglia assoluta di Federico Dimarco, la cui prodezza è già in lotta con quella di Thuram nel derby come gol of the season (non male, giunti solo alla quinta giornata).
Partita bloccata dalla quale si è venuti a capo grazie alla giocata del singolo: quando non puoi stradominare ed eccellere, si può e si deve vincere anche così. Questa è la strada. Questo è l’unico viatico se davvero punti a portare una stella in più sulla maglia, se davvero ambisci a scappare via già ora dalle inseguitrici, che per ora non sembrano così convinte. È questo il momento di scavare il solco. Ora l’Inter è a +3 sulla seconda, quel Milan che poco più di una settimana ha distrutto sul campo; a +5 sulla Juventus che al momento non ha dato certamente i segnali dell’Inter; a +7 sul Napoli campione d’Italia che appare in confusione tecnico-tattica dovuta a un feeling ancora non nato con Rudi Garcia.
Niente entusiasmi, non è il momento. E a riportare l’Inter sulla terra, sulle problematiche da risolvere urgentemente, ci ha pensato – nostro malgrado – il grave infortunio occorso a Marko Arnautovic. Si parla di un minimo di due mesi di stop, forse anche tre. Significa che Simone Inzaghi potrà contare, per un bel pezzo di stagione (pieno di impegni infrasettimanali) sui soli Lautaro, Thuram e Sanchez. Vedremo se la società deciderà di attingere dagli svincolati o se si opterà per la soluzione “interna”, con uno fra Mkhitaryan e Sensi (quando tornerà disponibile) a svolgere il ruolo della quarta punta in rosa con un possibile passaggio al 3-5-1-1, in alcuni frangenti.
Si tratta di una scelta importante per il prosieguo, che va fatta in fretta e con decisione: l’Inter non può fermarsi al primo ostacolo sulla strada, sebbene ingombrante. Perché l’Inter, quest’anno, è una squadra in missione e ha impostato – per la sua corsa – una destinazione chiara: si chiama Tricolore.
Lascia un commento